Mi pare che per questa domenica il testo della prima Corinzi ci offra un’ottima sintesi ecclesiale della più ampia riflessione eucaristica di queste tre letture.
Innanzitutto dobbiamo riprendere brevemente la profonda teologia eucaristica presentataci dal brano della Lettera ai Corinzi e dal Vangelo di Giovanni. Ancora una volta dobbiamo fare mente locale alle derive, che hanno ridotto l’Eucaristia ad una “cosa” magico-sacrale, operatrice di “miracoli” in coloro che la mangiano.
In realtà dobbiamo ricordarci che quel pane bianco consacrato non ha senso preso in sé e per sé, al di fuori della Celebrazione eucaristica. E’ questa celebrazione che, nello Spirito del Risorto, lo rende presente per presiedere e condurre il suo Corpo vivente, che è la Chiesa. Ecco allora che il momento culminante del “fare la comunione”, ovvero il mangiare Gesù, presente nell’Eucaristia, esprime fisicamente e simbolicamente la nostra volontà, il nostro desiderio di divenire membra del suo Corpo.
Ecco allora che “il fare la comunione” significa professare plasticamente e pubblicamente, ciò che normalmente diciamo con il cuore e la mente: la nostra adesione a Gesù, il nostro voler essere membra vive del suo Corpo, che è la Chiesa.
Da quanto detto ne deriva necessariamente che il discepolo, che aderisce nell’Eucaristia al Corpo di Cristo, non può più permettersi di pensare ed agire in antitesi al Capo di questo Corpo, Gesù. Aderire a Gesù nella Celebrazione eucaristica significa assumere pubblicamente il Suo progetto di vita: il Regno del Padre.
Ecco allora che, se teniamo presente tutta la densità della Celebrazione eucaristica, possiamo capire e valorizzare meglio il fortissimo richiamo di Paolo, che fa da incipit alla seconda lettura: “State lontani dall’idolatria!”.
Come ben sappiamo a nulla serve soffermarsi nell’analizzare gli idoli del tempo di Paolo. Basti solo ricordare che l’idolo biblico è tutto ciò che, al di fuori di JHWH, s’impossessa e condiziona la nostra vita. Conseguentemente ciò che a noi interessa è riconoscere gli idoli del nostro tempo, per non lasciarcene ammaliare e sedurre. La sfida di sempre è riconoscere i demoni del proprio tempo, per non ritrovarsi a mangiare contemporaneamente alle loro mense ed alla Mensa eucaristica.
Avendone il tempo e lo spazio, sarebbe interessante approfondire le innumerevoli forme apparentemente conviviali, alle quali vengono invitati, o si auto invitano, i demoni di oggi;
quella vasta gamma di pseudo-messia, che seducono ed ingannano le masse incoscienti, ma egoiste.
Ma la più grande tragedia è l’ingenuità, o l’arroganza, di milioni di battezzati, che non si fanno scrupolo di sedere alle due mense: quella Eucaristica e quella degli idoli di oggi.
Il tutto viene sempre banalizzato nell’eterno “ma che male c’è?”. E così non si percepisce, oggi come allora, che non è il cibo che mangi il vero problema; ovvero il problema non è sedersi a mangiare nei vari raduni, o feste più o meno popolari.
Il problema è la filosofia di vita presente in quel determinato ritrovo: niente più della cucina e del mangiare è portatore di valori o di anti valori. Eppure, molto spesso noi mangiamo di tutto e di più; ovvero ingoiamo ossessivamente tutto ciò che la nostra cultura ci offre, ciò che ci media propongono apparentemente a costo zero. Salvo poi arrivare chiederci: ma cos’è che vale veramente? Che cosa mi dice e mi chiede effettivamente il Vangelo? Che differenza fa per la mia vita seguire radicalmente Gesù o meno?
In altre parole succede esattamente ciò che succede con i cibi materiali. Ovviamente ciascuno di noi deve mangiare per stare in piedi; ma se una persona non cura la qualità della sua alimentazione, dopo qualche anno appare qualche malattia apparentemente inspiegabile, ma in realtà frutto di anni di alimentazione distorta.
Troppo spesso il nostro nutrirci di Gesù non va oltre l’atto magico di mettere l’Eucaristia in bocca, attendendo passivamente che Lei faccia i suoi miracoli. Mentre invece dovrebbe essere esattamente il contrario; ovvero il mangiare fisico l’Eucaristia quale frutto di un’adesione, libera ma radicale, alla sua proposta di vita, ai suoi ideali, accettando il compito e la fatica di allontanarci dagli idoli e dai demoni del nostro tempo.
Pe. Marco