Le letture di questa domenica sono legate da un filo rosso, che le attraversa abbastanza chiaramente; d’altro canto non approfondirò la seconda, perché, come al solito, la nostra scarsa conoscenza di S. Paolo richiederebbe una serie di precisazioni non compatibili con questo breve spazio.
Più semplice ed immediato è invece lo scenario presentato dalla prima lettura e dal Vangelo. Entrambe parlano, attraverso due parabole, di un’aspettativa del Signore nei riguardi del suo popolo:a livello personale il Vangelo, a livello comunitario/ecclesiale la prima lettura. Entrambe le parabole ci dicono chiaramente della delusione da parte sua, perché in entrambi i casi la sua attesa, le sue aspettative sono state disattese. Detto ciò, probabilmente, nel tradurre questo insegnamento per noi oggi, tutti noi non abbiamo nessun problema nel riconoscerci in questi discepoli/popolo infedeli e irriconoscenti. Ma il problema forse sorge nel momento in cui cerchiamo di determinare in che cosa siamo stati infedeli, cos’è che ha generato la delusione del Signore.
A me pare che, quando si tratta di rispondere a questa domanda, la maggior parte dei fedeli pensi più o meno a: il numero di Messe perse, a qualche bestemmia detta, tutt’al più laddove vi fosse, a qualche tradimento nella relazioni di coppia. Intendiamoci, certamente queste dimensioni fanno parte della nostra infedeltà; ma il testo biblico è ben più chiaro e ben più ampio, quando si tratta di rispondere a questa domanda: “Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”, a questo versetto di Isaia fanno da pendant le parole di Gesù: “Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto”.
Ecco allora, che per l’ennesima volta, il testo biblico ci richiama questa dimensione, per lui fondamentale, ma per noi poco più che nominale ed astratta. Per ovvie ragioni non mi permetterò di approfondire un tema così scottante in un contesto tanto ristretto. D’altro canto mi si permetta di sottolineare l’importanza e l’urgenza di un approfondimento di questo tema, da parte delle nostre realtà ecclesiali.
Per sgombrare il campo da facili equivoci, vorrei ancora una volta ribadire che la giustizia biblica non riguarda innanzitutto e soprattutto il sistema giudiziario, o le leggi dello stato.
Con una frase temerariamente sintetica oserei dire che la Giustizia biblica riguarda quell’ordine della realtà e, quindi, dei nostri rapporti sociali, posto in essere da JHWH, quando ha creato il mondo. Purtroppo noi pensiamo all’atto creatore in termini molto fisici e biologici (come e quando è stata creata la prima particella, o energia); dimenticando che in quell’attimo creatore, indipendentemente da come e quando sia avvenuto, JHWH aveva già iscritto, non solo l’armonia dei cicli biologico-naturali, ma anche l’armonia e la giustizia dei nostri rapporti comunitari e sociali.
Il giusto ordinamento, con il quale deve essere organizzata la società e la Chiesa, era già iscritto nel primo atto creatore da parte di JHWH. Per questo motivo la Parola di Dio ci dice molto chiaramente che “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” Gv 1,3; o ancor più chiaramente “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” Col 1,15-16.
Ecco allora che vivere nella Giustizia, o ricercarla, significa innanzitutto riconoscere ed obbedire a questa giusta armonia posta da JHWH nel creato, nell’ordine delle cose.
Ciò significa che è sacrilego, oltre che demoniaco, ricondurre ad un’ipotetica volontà divina l’ordine ingiusto ed escludente del mondo in cui viviamo. Questo mondo e questa società, così come la vediamo, non li ha voluti il Signore, in nessun modo ed in nessun momento. Purtroppo la grande fragilità biblica del credente medio produce prese di posizione, a volte veramente aberranti e offensive nei riguardi delle vittime e degli esclusi, chiunque essi siano.
Conseguentemente e finalmente la Giustizia che Gesù si aspetta da noi è la messa in discussione dei nostri stili di vita, personali e comunitari, ingiusti ed escludenti, perché possiamo intraprendere cammini di conversione, che ci mettano più in sintonia con il progetto originario del Padre: fare del mondo il suo Regno.
????????Pe. Marco