Oggi la liturgia ci propone la Festa della presentazione di Gesù al Tempio, la quale, essendo una festa del Signore, a buon diritto può interrompere il ciclo ordinario della liturgia. Come tutti i “Vangeli dell’infanzia” di Luca e Matteo, anche questo brano è un “midrash” di questo evento della vita di Gesù bambino. Come tale, è più preoccupato di rileggere teologicamente questo avvenimento alla luce dell’Antico Testamento, che non presentarci un resoconto dei fatti realmente accaduti.
In questo caso, Luca vuole mostrarci come Gesù, sottoponendosi e assumendo la Legge ebraica relativa ai primogeniti, si rivela per Israele/Simeone come il compimento, la realizzazione piena di quella Legge e di quell’attesa.
Essendo un tema poco valorizzato da noi cattolici, permettetemi di sottolineare il carattere memoriale di questa tradizione ebraica, vagamente paragonabile al nostro Battesimo. Innanzitutto, come ogni memoriale, anche questo rito rimanda esplicitamente all’Esodo, a quella grande esperienza fondatrice del Popolo d’Israele. In particolare questa festa, se da un lato segna definitivamente il superamento del rito del sacrificio dei primogeniti, tipico di molti popoli limitrofi a Israele, dall’altro, secondo la dinamica tipica del memoriale, vuole rendere presente ed operante nell’oggi la forza salvifica e liberatrice di JHWH. In altre parole, l’ebreo mentre ripete fedelmente il gesto compiuto originariamente dai suoi padri entrando nella Terra Promessa, ricorda e partecipa di quel cammino di Liberazione. Questo rito della consacrazione dei primogeniti a JHWH è la modalità con la quale gli ebrei, da un lato ricordano che solo i loro primogeniti furono risparmiati da JHWH, mentre quelli egiziani furono tutti sterminati; dall’altro è un modo per ringraziarlo per essersi schierato dalla parte di Israele, che in quel contesto era il popolo oppresso, la vittima di un potere oppressore. Tutto ciò alla faccia dei nostri tentativi di omogenizzare ed uniformare l’azione divina. Il Signore dell’Esodo, che è poi il Padre di Gesù, ha scelto chiaramente da che parte stare; e per i suoi figli, vittime ed oppressi, mette in gioco tutta la Sua potenza e la Sua forza.
Conseguentemente JHWH non è per l’ebreo relegato in gesta e fatti del passato. Tutt’altro! Questi gesti memoriali fanno sì che Lui, con la stessa potenza e con la stessa forza liberatrice, continui ad essere alla testa del Suo Popolo, per aiutarlo e sostenerlo nel processo di liberazione, che sempre deve essere messo in atto, finché saremo soggetti al Tempo della Storia.
Certamente la fede ebraica dell’Esodo non ha ancora presente il tema dell’immortalità. Per questo motivo è necessariamente “schiacciata e compressa” dentro i limiti della Storia. D’altro canto a me pare che, noi cattolici troppo sbrigativamente dimentichiamo, che la Celebrazione Eucaristica è stata istituita mentre Gesù celebrava il Memoriale ebraico per eccellenza: quello della Pasqua. Dunque, necessariamente, la Celebrazione eucaristica, innanzitutto, è un Memoriale, ha tutta la struttura del Memoriale ebraico, prima e al di sopra di ogni altra caratterizzazione. Ciò significa che la Celebrazione dell’Eucaristia deve, innanzitutto, rendere presente, far esperimentare la forza liberatrice del Padre, che ha risuscitato Gesù dalla morte. Questa potenza e questa forza sono presenti ed accompagnano ogni discepolo di Gesù nella ricerca di una vita più giusta e fraterna. Come allora scombinò i progetti dei potenti che uccisero Gesù, così in ogni tempo la potenza del Padre di Gesù può “abbattere qualsiasi potente dal suo trono”. È questo cammino di Giustizia e di Liberazione, che fa entrare il discepolo di Gesù nel Regno di Dio, nel Regno di suo Padre.
Dentro queste considerazioni di carattere più generale, dobbiamo leggere la profezia del vecchio Simeone, troppo spesso dimenticata dalla nostra Chiesa, sempre timorosa di schierarsi e scatenare conflitti: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”.
Da dove nasce questa contraddizione suscitata da Gesù? Dal fatto che la Salvezza da Lui offerta a tutti non è un proclama generico ed indistinto, indipendente dalla risposta della nostra libertà. La Salvezza offerta da Gesù ha una prospettiva ed un punto di vista ben preciso: l’opzione preferenziale per i poveri. Quindi il Regno di Dio è animato da questa preoccupazione di ridare dignità ed umanità a tutti coloro che, per l’ingiustizia dell’uomo, hanno visto venir meno i loro diritti e la loro stessa dignità di figli di Dio. Questa è la discriminante “stantibus vel cadentibus” della partecipazione alla vita del Regno.
Siccome l’opzione preferenziale per i poveri è la prospettiva, è il principio operativo dell’azione del Padre, tutti gli uomini possono aderirvi, seppur in condizioni ed a partire da prospettive differenti. Ovvero, anche i ricchi ed gli oppressori in qualsiasi momento possono entrare in questa prospettiva, nella misura in cui abbandonano il dio denaro e gli atteggiamenti oppressivi e si mettono a servizio dei poveri e degli oppressi. Ma laddove non avviene questa conversione, ecco allora che il discepolo di Gesù, come già il suo Maestro, non può che subire l’ostracismo e la persecuzione da parte dei potenti. Esattamente come sta accadendo con Papa Francesco. Ma tutto ciò è molto oscuro ed inspiegabile per molti, troppi, battezzati; segno inequivocabile che la profezia di Simeone, non solo non è stata capita, ma io penso che ormai sia stata addirittura abbandonata, perché troppo scomoda ed impegnativa.
Pe. Marco