Questa Solennità di Cristo, Re dell’universo, come tutto ciò che viene collocato nel finale, in coda, rischia di passare in secondo piano, come qualcosa di secondario e marginale. Forse, però, nel nostro caso vale più quella posizione pedagogica, che si riserva di dire alla fine le cose più importanti, perché siano meglio ricordate dagli interlocutori. Certamente questa Festa, che porta in sé un percorso di formazione abbastanza variegato e stratificato nei suoi significati, nella sua collocazione a chiusura dell’Anno Liturgico, vuole trasmetterci un primo semplice messaggio: al di là di tutto l’affannarsi degli umani “per farsi e fare la Storia”, alla fine Chi ha l’ultima parola, Chi renderà Giustizia a tutte le vittime, Chi garantirà il sopravvento della Verità su tutte le menzogne, è Lui, il Cristo Risorto, il Signore di tutto e di tutti.
Già da queste prime battute dovrebbe allora essere chiaro che questa Solennità non vuole assolutamente “farci volare tra le galassie con il Signore Risorto”. Tutt’altro, questa Festa, grazie alla sapiente e coraggiosa visione di Pio XI°, porta in sé un legame profondissimo con la Storia, del suo e nostro tempo.
In questo senso, risulta fondamentale la corretta interpretazione del Vangelo di Giovanni, che oggi ci è stato proposto. Anche alla luce di tutta la teologia giovannea, sbaglierebbe radicalmente, chi intendesse questo testo come una giustificazione della cosiddetta “teologia/filosofia dei due piani”: naturale/soprannaturale, cielo/terra, vita terrena/vita celeste e così via. Ovviamente non avrebbe senso impegnarsi qui nella dimostrazione di tutte le aporie e contraddizioni, che questa visione ha prodotto lungo la storia. Quando Gesù dice che “il suo Regno non è di questo mondo” non sta fuggendo dal confronto storico, rimandando semplicemente tutte le questioni “dopo la morte fisica”. Anche perché, se così fosse, quale sarebbe il senso di questa vita, con tutte le sue fatiche e sofferenze? Peggio ancora, se questa vita terrena valesse così poco o nulla, perché Lui si è speso tanto, al punto di morire in Croce, qui su questa Terra?
In realtà Gesù, dicendo che “il Suo Regno non è di questo mondo”, ci sta dicendo che il Suo Regno, il Regno di Dio, “che è presente in mezzo a noi” Lc 17,21, non ha niente a che vedere con la logica del mondo, non segue quei criteri. D’altro canto, però, affermando categoricamente che: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce», Gesù assume la Sua “regalità” e rivendica il Suo ruolo fondamentale dentro la storia e le vicende umane. Ovvero, e forse più esplicitamente, usando un linguaggio molto mondano, Gesù ci dice che la sua prima preoccupazione, al venire su questa Terra, è giustamente quella di cambiarne i connotati e gli orientamenti. Certamente Lui vuol fare questo, tenendo presente l’esito finale del Tutto, ovvero la vita ultraterrena. Ma il suo venire qui, su questa Terra, non è un fatto accidentale, occasionale, passeggero, “tanto ciò che vale viene dopo…”.
Anzi, esattamente il contrario. Purtroppo, il fatto che l’adesione al Suo Regno è assolutamente libera e gratuita, ha indotto nei più l’idea che questo Regno di Dio sia qualcosa di etereo e irrilevante dal punto di vista terreno; ma per Gesù non è così. Il Regno di Dio è qualcosa di molto concreto e significativo che, nella misura in cui vede l’adesione di ciascuno di noi, cambia la faccia della Terra, cambia le sue strutture sociali e politiche, cambia i suoi rapporti economici, cambia la Vita.
Ecco allora che ci appare in nuova luce anche il significato più profondo di questa Solennità e la sua attualità per noi. Al di là del linguaggio decisamente obsoleto dell’epoca, Papa Pio XI° vuole ricordare ai cattolici che il vero e unico Re, del Cielo e della Terra, è il Signore Risorto, contro i progetti egemonici del laicismo secolarizzato e l’arroganza dei totalitarismi nascenti dell’epoca (fascismo, nazismo, comunismo sovietico, imperialismo nipponico), che porteranno alla tragedia della II° Guerra Mondiale. Certamente una lettura superficiale e decontestualizzata del documento “Quas primas”, che istituì questa Festa, potrebbe suscitare un senso di fastidio e di rifiuto, quasi fosse qualcosa di anacronistico. In realtà, rileggendolo dentro una prospettiva storica più corretta e serena, non possiamo non coglierne il carattere profetico, se non anestetizziamo la tragedia della II° Guerra Mondiale con falsi e ideologici revisionismi.
Ecco allora che, con un volo non troppo pindarico, dovremmo ascoltare, alla luce di questa Festività, i pronunciamenti, profetici e drammatici, di Papa Francesco riguardanti il carattere idolatrico e disumano del sistema socio economico, in cui viviamo. Forse, se ci fermassimo di più a meditare su chi è il vero Re e sulla Sua onnipotenza, avremmo più coraggio nel combattere questo sistema diabolico. Con le armi di Gesù…
Pe. Marco