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Questa domenica, finalmente, abbiamo una liturgia della Parola costruita in modo unitario attorno al tema della Misericordia, sviluppato dalle tre letture sotto diversi aspetti.
Al di là di tutte le possibili discussioni/dispute teologiche, l’incontro tra Gesù e Zaccheo è forse l’espressione più emblematica e significativa di questo tema decisivo per la nostra fede. Forse faremmo bene a ricordarci un po’ di più questo fatto evangelico, per tagliare alle radice tante false questioni.
Senza voler togliere nulla al primato dell’azione divina, io penso sia importante sottolineare… la salita sul sicomoro da parte di Zaccheo.
Perché l’ha fatto? Quali aspettative l’hanno mosso a compiere quel gesto non certo convenzionale per un’autorità del suo calibro? Non lo sappiamo e non è importante dare una risposta univoca a queste domande. Una cosa è certa: nel mezzo delle sue contraddizioni esistenziali riesce ad ascoltare la voce profonda della sua coscienza, “va’ dove lo porta il cuore” direbbe la Tamaro; non nel senso emotivo-pulsionale del termine, bensì nel senso biblico, ovvero quella dimensione interiore, profonda, dove ciascuno di noi è a tu per tu con il Signore. Ed è lì, in questa intimità di Zaccheo con sé stesso, che lui si apre a questo Altro, questo Mistero, che gli sta passando accanto; non si chiude, né si preclude all’incontro con Gesù. In altre parole non rimane schiavo della sua storia e del ruolo che ha assunto socialmente. Fa un gesto di apertura e rottura ad un tempo.
Ma è esattamente in questa duplice attitudine che la Misericordia-Tenerezza di Gesù entra in azione. Non credo sia necessario dilungarsi ulteriormente sul carattere rivoluzionario della postura di Gesù: per testimoniare a Zaccheo la Sua divina Tenerezza, Gesù rompe con la tradizione socio-religiosa del suo tempo. Infatti, come potrebbe un maestro della Legge andare a casa di un pubblico peccatore e amico degli odiati oppressori romani?
Ma Gesù deve trascrivere in gesti umani quella che noi chiamiamo Misericordia-Tenerezza del Padre nei riguardi di Zaccheo. Il resto per Lui non conta; tanto meno contano le conseguenze per Lui di quel gesto scandaloso.
Ma questa Tenerezza inaudita ed inattesa è ciò che noi chiamiamo Perdono dei peccati.
Tradotto in categorie umane il Perdono di JHWH è questa cosa: l’andare oltre, il cancellare il male commesso, per ridare la piena possibilità di ricominciare una nuova vita, o forse meglio, per ritornare semplicemente a fare il Bene, a cercare la Giustizia, a vivere da figlio di Dio. Ovvero la Misericordia-Perdono-Tenerezza non ha niente a che vedere con l’accettazione dello “status quo”, con l’avvallo/giustificazione dell’ingiustizia e della situazione di peccato di Zaccheo, o chi per esso. Purtroppo queste visione, molto in voga ed alimentata dalle distorsioni dell’Anno Santo, è solo una delle facce della frantumazione della coscienza dell’uomo occidentale.
Infatti, da un lato orgogliosamente continuiamo, noi occidentali, a sentirci apposto, a sentirci i migliori, a ritenere che i nostri problemi provengano “da fuori di noi”, comunque sia inteso questo fuori. Salvo poi non riuscire a reggere il peso della nostra coscienza, personale e collettiva, che reclama per Verità e Giustizia.
Ecco allora che rincorriamo la varie versioni distorte della misericordia, per sentirci rincuorati, per sentirci giustificati, per sentirci dire: “Vai avanti così, perché tu sei bravo. È il mondo, sono gli altri che sono cattivi ed eventualmente t’inducono al male”.
Ma la questione biblica del peccato-perdono è tutt’altra cosa. Sempre il Signore parte dal riconoscimento/affermazione della nostra Libertà e della nostra responsabilità. Questo è il dono più grande che Lui ci ha fatto e Lui ne è il primo garante e difensore. Nel caso di Zaccheo Gesù non va’ a casa sua per avvallare le sue ingiustizie ed i suoi peccati; per avvallare il suo comportamento criminale, in nome di una solidarietà, di una falsa misericordia nei riguardi della debolezza umana. Gesù con questa azione imprevista in realtà cerca di mostrare con gesti umani il fatto che il Padre non s’importa con la sua vita passata e presente. Lui, il Padre, è disposto ad offrire una nuova possibilità a Zaccheo, perché possa dare il meglio di sé, tiri fuori quell’umanità autentica, che è rimasta nascosta nel suo cuore.
Questa è la Misericordia/Perdono del Padre: l’offerta incondizionata di una nuova vita, di una vita buona, giusta, fraterna; di una vita che rispecchi il progetto originario del Padre sull’umanità. Per questo motivo Gesù dirà: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza” solamente quando Zaccheo comincia a fare il bene, ad essere giusto. Quindi la Misericordia non è in nessun modo accondiscendenza al male e ad atteggiamenti ingiusti. La Misericordia è la possibilità gratuita ed illimitata di ricominciare a fare il Bene, sempre che lo vogliamo.
Ma qui sta il punto dolens. Quanto siamo disposti, come Zaccheo, a riconoscere ciò che in noi contrasta con la logica del Regno, per poi mettere in atto concreti gesti di cambiamento?
Quindi, la domanda se Gesù mi perdonerà o meno è una falsa domanda. La vera domanda dovrebbe essere: “Quanto sono sincero e trasparente con me stesso/a? Quanto desidero fare il Bene, essere giusto con tutto il mio essere?”
Pe. Marco