Queste brevi, ma dense parole, tratte da Gen 2,2, esprimono il senso profondo del Settimo Giorno. Ovviamente non è mio interesse approfondire il perché di questa struttura settenaria, che esprime il tentativo dell’uomo biblico di organizzare e dominare il fluire anonimo del tempo. Ciò che invece m’interessa rilevare è la funzione del Settimo Giorno, dentro il piano più grande della Creazione.
Decisivo è il contrasto presente nei versetti 2-3: da un lato si sottolinea il compimento, la pienezza dell’opera creatrice, ma questo compimento avviene staccando, nettamente e radicalmente, con quanto fatto finora. JHWH completa l’opera della Creazione… riposando, fermandosi, contemplando la sua opera.
Entrambi i due grandi movimenti della Creazione, il “fare” dei primi sei giorni ed il “riposare” del settimo, presi separatamente non hanno molto senso. Infatti, il fare per fare alla fine porterebbe all’esaustione e dunque alla domanda: ma perché fare? Dall’altro punto di vista un giorno “vuoto”, senza alcun movimento, o creazione, fa sorgere la stessa domanda, ovvero: perché un tempo vuoto. Che senso ha?
Ecco allora che da queste limitazioni reciproche emerge la forte simbolicità del ritmo settenario: la pienezza della Creazione sta nella relazione dialettica tra i due momenti, perché ciascuno dei due dipende dall’altro. Il fare ha bisogno di uno stacco per essere contemplato nella sua bellezza. Il riposo ha bisogno di qualcosa da contemplare. Come possiamo ben capire qui sta racchiuso uno dei segreti dell’esistenza umana e l’uomo biblico lo esprime attraverso la relazione dialettica del 6+1, del fare/produrre e del riposare contemplando.
Ovviamente, questo struttura non è un circolo chiuso, bensì una spirale ascendente, nella quale dalla contemplazione creativa scaturiscono nuove idee e nuovi stimoli per ricominciare a produrre. Anzi, meglio sarebbe dire che, quanto più la vita umana assimila/rispetta questa cadenza dell’agire divino, tanto più diventa creatrice come il suo Creatore.
Noi cristiani sappiamo nella vicenda del Settimo Giorno si sono via, via inseriti gli altri due grandi significati: quello del memoriale della Liberazione dall’Egitto e quello della Risurrezione di Gesù. Il tutto in vista di un arricchimento del dato originario, presentatoci dai versetti di Genesi.
Su questo dato fondamentale per la nostra fede vorrei abbozzare una fugace lettura di questo tempo segnato dalla pandemia.
Penso che noi tutti abbiamo assistito, o abbiamo partecipato, a qualche scambio di battute, dove si sottolineava la positività “dell’interruzione del tempo”, imposta dal virus. In altre parole sembrava essere diventato patrimonio comune il valore del rallentamento dei ritmi di vita; con il conseguente “obbligo” di fermarsi a riflettere, con tutte le conseguenze del caso. Penso che tutti, chi più chi meno, ci siamo accorti delle ricchezze che gli altri portano in sé ed in parte hanno condiviso nelle innumerevoli telefonate di quei giorni. In ogni caso, al di là dell’obbligo di stare fermi ed di rimanere in casa, tutti abbiamo intravisto la possibilità di una vita qualitativamente diversa, perché costretti a risalire all’essenziale delle cose e delle relazioni.
Eppure, nella nostra paradossalità pare che non vogliamo far tesoro di tanto insegnamento. Di nuovo sta riprendendo la produzione frenetica di turismo, che ha ormai preso il monopolio del settimo giorno, snaturandone radicalmente il senso. Certamente per contrastare questa mortale tentazione bisogna essere santi, ovvero cristiani fino in fondo. Infatti, tutta l’industria del turismo, crollata vertiginosamente, cerca di riprendere vigore incentivando in tutti i modi il girovagare senza senso e senza soste. Ma, seguendo questi richiami, non facciamo altro che intaccare il senso profondo del riposo sabbatico. Purtroppo il sistema capitalistico ha trasformato il Settimo giorno della settimana in un nuovo tipo di produzione e nel sonno dell’anima e del corpo, che deve riprendersi dalle più svariate trasgressioni. In ogni caso niente a che vedere con la gratuità contemplativa insita nel Settimo Giorno.
Certamente non è facile sottrarsi, o perlomeno cercare di contrastare, la dittatura culturale, che vuole assoggettarci alla produzione turistica. Innanzitutto perché se le tre religioni abramitiche vivessero integralmente l’esperienza del Settimo Giorno, il nostro sistema totalitario, fondato sullo sfruttamento e sullo snaturamento del lavoro, avrebbe molto meno schiavi ossequienti, pronti a scattare e ad obbedire ad ogni minimo cenno. Conseguentemente, il riemergere della libertà umana e della sua imprevedibile creatività, obbligherebbe a ripensare continuamente ogni aspetto della vita umana, per far sì che gli stessi siano sempre più a servizio della vita piena per tutti. Ma questa vita piena per tutti, che cresce e si diffonde, è ciò che Gesù con altre parole chiama Regno di Dio.
Purtroppo, concludendo queste brevi riflessioni, mi accorgo di quanto esse siano utopistiche, non tanto per la loro irrealizzabilità, bensì perché questo sistema diabolico è riuscito ad alterare molto la struttura della realtà fondata sull’alternanza: produzione-contemplazione. Ma, se non rispetteremo questa legge della Vita, con il nostro produttivismo in-sensato finiremo con il generare l’ennesimo virus, unico mezzo che riesce a farci rinsavire.
Pe. Marco