Noi, uomini e donne di questo Terzo Millennio sempre più persi ed impauriti, ci ritroviamo a celebrare un’altra Pasqua eccezionale, o chissà più autentica del solito. Forse abbiamo dimenticato, che solo due anni fa abbiamo celebrato la prima Pasqua della Storia, senza poterci incontrare e senza poterci scambiare l’abbraccio della Pace.
Ed ora siamo qui, sospesi tra “l’industria culturale” della distrazione permanente e una guerra, che potrebbe annientarci in un batter di ciglio. La somma dei nostri egoismi e delle nostre mediocrità, consegnata alla nostra povera Libertà, ci fa danzare quotidianamente sull’abisso. Eppure a me sembra, che di abisso in abisso, ci stiamo quasi abituando a questo gioco mortale.
Dentro questi scenari, mi sono ritornati alla mente alcune testimonianze del Popolo d’Israele, durante l’assedio di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor. Emblematica è la testimonianza del profeta Geremia, rimasto praticamente solo nell’offrire una lettura di quegli avvenimenti, che nascesse dall’ascolto della Parola di JHWH.
Mentre il Popolo oscilla, tra il far finta che nulla stia accadendo e la disperazione per la devastazione subita, Geremia, a rischio della sua propria vita, continua a fare memoria delle scelte e degli atteggiamenti, con i quali il Popolo è stato la causa dei suoi mali.
Analogamente oggi, navighiamo a vista in un mare di emozioni, legate all’ultima notizia girata sui social. E così, senza soluzione di continuità, piangiamo di fronte alle stragi di civili innocenti, affermiamo che l’Ucraina è un paese neonazista, inviamo armi per la sua autodifesa, scopriamo “innocentemente” che il gas russo grondava sangue, facciamo accordi per il gas in fretta e furia con Paesi ben peggiori della Russia ecc… Il tutto, ripeto, senza alcun approfondimento e senza una riflessione pacata, che vada alle radici di questi problemi.
Non essendo mio compito analizzare in questo contesto l’intreccio di queste problematiche, vorrei invece sottolineare un aspetto, che ci riguarda come credenti. In una prima approssimazione direi, che una delle cause profonde dell’attuale situazione è la progressiva perdita di orizzonte del sistema culturale occidentale. Come è ben noto, il Cielo si è chiuso sopra noi occidentali. Tra di noi non è più politicamente corretto parlare di Trascendenza, di Vita oltre la morte, di Dio. Conseguentemente non ha più senso dare la vita per la Giustizia, la Pace, la Fraternità, la Libertà, perché questi valori per loro natura sono trascendenti, ovvero precedono e superano le nostre vite fisiche.
Viceversa il benessere economico garantisce una serie di gratificazioni immediate. Se poi queste hanno delle conseguenze e dei costi oltre la nostra vita fisica, poco importa. Tanto noi non ne pagheremo le conseguenze…
In questa deriva tragica noi cristiani abbiamo avuto delle grosse responsabilità, forse le maggiori. Infatti, dobbiamo stare ben attenti nel dire “questi sono certamente valori cristiani ed il Vangelo ne è il fondamento”. Certamente ciò è vero. Pena il fatto di non averli messi al centro della nostra predicazione e dei nostri progetti pastorali, salvo lodevoli eccezioni. Quando avevamo ancora i giovani nelle nostre parrocchie, non li abbiamo educati a dare la vita per questi valori, pensando erroneamente che ciò fosse una negazione della Vita dopo la morte. Infatti, nei nostri consessi clericali, si sente ancora dire che, giocarsi fino in fondo per questi valori, è una forma d’immanenza. Infatti, chi lo fa, è perché non riconosce che la loro realizzazione piena sarà solo dopo la morte.
Peccato che le cose stiano esattamente al contrario e quasi nessuno riconosca che, dietro a questi arzigogoli mentali non vi è altro che la paura adamitica di dare la vita per amore.
Ecco allora, che nella tragedia ancora una volta il Signore ci indica il cammino per uscire da questa crisi epocale. Ed il cammino, per noi cristiani innanzitutto, è quello di ricongiungere Cielo e Terra, superare questa separazione dia-bolica.
La vera separazione invece è quella tra il Regno di Dio ed il Mondo, inteso come mondanità lontana dal Padre e Signore della Vita. Il Regno di Dio è già presente in mezzo a noi ed attende anche il nostro contributo, perché possa crescere nella Storia.
La Risurrezione di Gesù ci dice che non dobbiamo assolutamente restringere il Regno a questa vita terrena, perché il suo compimento è nelle mani della Trinità, ovvero oltre la nostra morte fisica. Per questo motivo la nostra dedizione al Regno di Dio, o supera la paura della morte, o non è ancora stata trasformata dalla Pasqua di Gesù.
Buona Pasqua quindi…
Pe. Marco