Confesso, che quando mi sono messo a pensare a questa riflessione, sono partito dall’associazione
tra il discorso, che fece Trump quattro anni fa quando s’insediò alla Casa Bianca, e un paio di
messaggi di una mia conoscente, ricevuti dopo il discorso di Salvini al Senato. Siccome tendo a
tener pulite le chat per non ingolfare il cellulare, non posso riportare qualche stralcio degli sproloqui (per usare un eufemismo) proferiti da quell’atea devota.
Sta di fatto che, in entrambi i casi, predomina il linguaggio assertivo e violento tipico dell’apocalittica religiosa, quella che deve mettere in guardia dal Male assoluto ed identifica il suo agire con il Bene assoluto. In questo schema linguistico e mentale l’essere d’accordo vuol dire stare nella sfera del Bene, mentre qualsiasi discordanza, o divergenza, ti colloca nella sfera del Male. Il guaio è che il Male può e deve solo essere combattuto, fino ad essere estirpato; quindi…
Ecco, questa variante/degenerazione apocalittica del populismo suprematista, sdoganato definitivamente da Trump all’interno della più grande democrazia occidentale, ebbene questa deriva pericolosissima mi pare sia il lascito principale di questi terribili quattro anni dell’era Trump.
Altro che la pandemia da Covid19!
E la battaglia non è certamente conclusa, visto il modo in cui ha lasciato la Casa Bianca e la promessa di ritornarvi in un modo, o nell’altro; esattamente come si addice alla miglior tradizione profetico-apocalittica.
Purtroppo, eccezion fatta per l’ateissima dittatura cinese, gli altri grandi amici di Trump, da Erdogan a Putin, da Khamenei al principe Muhammad bin Salman, ciascuno a suo modo, sono tutti caratterizzati da questi tratti apocalittici, e dunque religiosi, nell’esercizio del loro potere dittatoriale. D’altro canto, però, se è vero che questa variante apocalittica non è una grande novità per tutte queste realtà, che non hanno mai conosciuto un vero regime democratico, la grande e terribile novità è l’entrata di questo virus pericolosissimo esattamente dentro la più grande nazione democratica.
Ma da dove nasce questa prospettiva culturale e politica? Su quali presupposti si fonda? In un modo, o nell’altro, queste figure apocalittiche fioriscono dentro scenari nazionali e internazionali caratterizzati da grandi catastrofi, mutazioni culturali ed economiche incontrollabili per la singola persona, prospettive future fosche e minacciose.
Dentro tali scenari questi personaggi si autodefiniscono portatori di una qualche forma di salvezza, o riscatto. Si presentano come difensori di valori pseudo-religiosi in pericolo, o già sacrificati da non ben definite lobbies e oligarchie mondiali. In questo modo ogni diversità, oppure ogni avversario politico, viene immediatamente identificato come l’ennesima apparizione di una delle suddette forme del Male.
A onor del vero va riconosciuto con molta franchezza che, tra i molti fattori che hanno favorito
queste involuzioni politiche e culturali, un peso non indifferente l’ha avuto il laicismo agnostico di una certa democrazia, soprattutto europea.
Questo connubio indebito tra democrazia e laicismo ha soffocato anche le forme positive del credere; ma in questo modo si è creato l’antagonismo democrazia/laicismo contro populismo/religiosità.
Per cercare di uscire da questa spirale pericolosissima è certamente prioritario separare quanto prima la politica da qualsiasi proposta religiosa. La politica è l’arte di governare la polis, la città, ovvero tutti quei rapporti e quelle relazioni, che costituiscono la società umana.
Come tale è un’arte, una scienza pienamente umana, basata sul confronto delle idee e delle proposte. La prevalenza di un progetto politico sull’altro deve dipendere solo dalla forza delle sue argomentazioni e delle soluzioni offerte. Nessuno però, sia egli una persona, o una corrente di pensiero, può rivendicare un’infallibilità in nome di qualsivoglia riferimento religioso. Ripeto, nel governo della città vale la forza delle argomentazioni e delle soluzioni, non presunte benedizioni divine.
Così come nessuno può entrare nell’arena politica auto-ponendosi come depositario, o difensore dei valori religiosi.
D’altro canto, soprattutto le democrazie occidentali di stampo illuministico dovranno ripensarsi
radicalmente, incorporando in modo costruttivo le istanze religiose dell’umanità.
Come ha ben illustrato più volte il prof. Cacciari, un personaggio certamente non ascrivibile tra i credenti, è necessario andare oltre il concetto seicentesco di tolleranza religiosa, per riconoscere alle differenti fedi religiose il carattere di sapere. In altre parole, anche la Fede religiosa è una forma di
conoscenza della realtà.
Purtroppo la tolleranza religiosa seicentesca è stata elaborata per far fronte alle guerre di religione, che hanno insanguinato l’Europa, a partire dalla Riforma di Martin Lutero.
Le varie confessioni cristiane, non riuscendo a dialogare tra di loro, elaborarono la tesi della tolleranza. In altre parole, decisero di sopportarsi reciprocamente, senza però una stima ed un dialogo nella comune ricerca della Verità e della Giustizia.
Successivamente i regimi democratici, tendenzialmente agnostici, riconobbero alle Chiese cristiane il diritto di culto, però più come un benevola e, forse, inevitabile concessione, che non come il riconoscimento di un patrimonio integrante le varie identità nazionali.
In altre parole, solo se riuscirà a dialogare ed a lasciarsi interpellare dalle forme autentiche della Fede, la democrazia occidentale potrà far fronte al fanatismo dei populisti apocalittici.
Pe. Marcos