Dovendo parlare di cose tragiche, come il conflitto in atto in Palestina, ho voluto esordire con un titolo un po’ leggero, sperando, però, che abbiate il coraggio di arrivare fino in fondo a questa riflessione.
La verità, a cui faccio riferimento, è quella pronunziata, con timore e tremore, dal Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, il quale ha semplicemente cercato, di riportare gli scontri attuali dentro la storia degli ultimi decenni di questi due popoli: quello ebreo e quello palestinese. In realtà Guterres è stato fin troppo benevolo, parlando degli ultimi 56 anni, ovvero a partire dagli scontri del 1967. In realtà, se non vogliamo risalire fino a Esdra e Neemia, convenzionalmente i problemi attuali vengono fatti risalire alla nascita dello Stato d’Israele, ovvero al 14 maggio 1948.
Pertanto, è una chiara e spietata distrazione di massa, sottolineare sui social soprattutto le vittime uccise il 7 ottobre e l’ansia per gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Certo, collateralmente e casualmente si parla anche delle migliaia di morti sotto le bombe israeliane; ma quelle, si sa, sono solo effetti collaterali della tragica legge della guerra.
Indubbiamente gli ebrei sopravvissuti alle varie persecuzioni storiche, non solo quelle nazifasciste, avevano il diritto ad una loro terra ed una loro patria. Ma questo diritto non doveva essere affermato sulla pelle dei palestinesi, da secoli stanziati in quella terra. Eppure, non solo dal 1967, bensì fin dal 1948, questo diritto si è imposto con la superiorità tecnologica di Israele e con l’appoggio codardo dell’Occidente, che anche in questo caso agì prevalentemente animato dal senso di colpa: quello di aver abbandonato gli ebrei nelle mani della furia nazifascista.
Qualche giorno fa una giovane coppia di amici brasiliani mi chiedeva un parere sul 7 di ottobre, con la domanda sottesa: “Per te chi ha ragione? Cosa si può fare adesso”. Di fronte ad una mia fugace ricostruzione storica, mi ringraziarono sorpresi, perché non avevano mai sentito parlare dei fatti pregressi. Purtroppo nei loro riguardi qualche scusante c’è, dovuta alla precarietà della loro formazione scolastica. Noi, invece, non avremmo nessuna scusante; lo dico soprattutto per chi ha frequentato la scuola nel secolo scorso.
Eppure, tutto il revisionismo culturale in atto è ormai riuscito ad occultare quella che è semplicemente la verità fattuale. In tal senso, per chi avesse a cuore la Verità, consiglio di cercare in internet le cartine, che mostrano il progressivo espandersi dello Stato ebraico dal 1948 ad oggi. Ebbene, tale espansione non è mai, dico mai, stata combinata con degli accordi con il popolo palestinese. La regola d’oro d’Israele è sempre stata: preventivamente conquisto e mi espando militarmente; poi possiamo sederci al tavolo e ti riconsegno qualcosa per consolarti. E così, di invasione in invasione, di pacificazione in pacificazione, Israele ha pressoché triplicato il suo territorio. In tutto ciò, le vittime palestinesi, ben più numerose, sono sempre e solo state considerate “effetti collaterali”, anche dai nostri mezzi di comunicazione.
Certamente gli Accordi di Camp David prima e soprattutto di Oslo poi potevano essere la base per soluzioni strutturali e definitive. Ma su entrambi i fronti, quello israeliano e quello palestinese, a partire dai primi anni del nuovo millennio, hanno prevalso le fazioni più intransigenti, Hamas da una parte e Netanyahu e l’estrema destra dall’altra; entrambe avendo come finalità ultima l’annientamento dell’altra parte. In tal senso, se si deve parlare di terrorismo e di violenza gratuita, lo si deve dire per entrambe le fazioni, tenendo conto che in ogni guerra ciascuno usa le armi e le tattiche a lui più congeniali.
Analogamente, però, sarebbe fatale ridurre l’una e l’altra parte a queste loro fazioni più ottuse ed intransigenti. Non è mai stato così per entrambi i popoli; ma questa drammatica esplosione della violenza rischia di attirare sempre più degli onesti cittadini dentro la spirale dei due estremismi.
Da qui l’importanza di mediatori esterni, come potrebbe essere l’Unione Europea, che cerchi di spezzare la spirale del voler soppesare, chi ha peccato di più. Infatti, ciascuno dei due estremismi avrà sempre qualche “arretrato” del quale vendicarsi. Invece, solo la sospensione dei combattimenti potrà portare all’unica via d’uscita dalla violenza: il riconoscimento dell’altro e del suo diritto ad esistere dignitosamente.
Entrambi queste due popoli possono vantare dei diritti sulla Palestina ed è praticamente impossibile ricostruire chi ne abbia di più e chi di meno. Ciò che invece è possibile, e dunque doveroso, è riconoscere il diritto di vivere in un territorio e in uno Stato proprio e indipendente.
Il principio della reciprocità è fondamentale, se si vuole costruire una Pace giusta e duratura. Ogni forma di paternalismo nei riguardi dei palestinesi, benché finanziato con milioni di dollari, non porterà mai alla fine della violenza.
La Libertà e la Giustizia non hanno prezzo.
Pe. Marco