Nell’indeterminatezza della nostra liturgia ambrosiana scelgo di commentare i testi legati alla Solennità del “Corpus Domini”. Purtroppo la cesura del testo della Lettera ai Corinzi, che riporta solamente la memoria dell’Ultima Cena, non permette di coglierne tutta la forza e la provocazione in essa contenute. Ci viene però in soccorso il testo evangelico, che ci permette di recuperare le ragioni profonde, per le quali Paolo fece questa citazione del gesto di Gesù del Giovedì Santo. Tenuto conto delle condizioni sociali ed ecclesiali, nelle quali normalmente celebriamo le nostre Eucaristie, vorrei soffermarmi brevemente sulla Seconda Lettura di oggi.
Come ben evidenzia l’insieme del cap. 11 della Prima Lettera ai Corinzi, Paolo inizia qui una lunga riflessione, che lo occuperà per vari capitoli, nella quale sviluppa l’interazione di questi tre elementi della nostra vita cristiana: Eucaristia-Spirito-Chiesa. In particolare nel cap. 11 analizza le relazioni esistenti tra la partecipazione alla Memoria eucaristica e i comportamenti, gli stili di vita dei membri della comunità cristiana. Specificamente, la citazione della narrazione dell’Ultima Cena vuole rimarcare il contrasto esistente tra la prassi di Gesù e la prassi dei Corinzi. Infatti, questi ultimi, esattamente nella Celebrazione della memoria eucaristica, riproducono lo stile e gli atteggiamenti mondani, che loro vivono quotidianamente nella loro vita sociale. San Paolo sottolinea soprattutto il fatto che nel momento centrale e fondante della fede cristiana, il Memoriale Eucaristico, vengano riprodotte le divisioni di classe tra ricchi e poveri, che sono la più grande negazione della fraternità rivelataci da Gesù. In pratica, invece di essere i cristiani fomentatori di una nuova civiltà animata dai valori evangelici, è la vita comunitaria ad essere contaminata dalla logica del mondo.
Per denunciare radicalmente questa contraddizione, San Paolo cita come esempio da imitare quello di Gesù, che si è fatto “pane spezzato”, che ha “spezzato” la sua vita come si spezza il pane, per donarsi a noi e per noi. Ecco, allora, che la “fractio panis”, il pane/Corpo di Gesù spezzato diventa il segno dell’unità della Chiesa: la Chiesa è un unico corpo, perché alimentato da Gesù eucaristico, pur nella diversità delle varie membra.
D’altro canto, fin dalle origini, fin dal Nuovo Testamento, lo spezzarsi di Gesù nell’Eucaristia deve essere segno e paradigma dello spezzare il pane da parte dei suoi discepoli. Coloro che si alimentano di Gesù-Eucaristia, Pane spezzato per noi, devono spezzare il loro pane, ovvero devono condividere i loro beni in uno spirito di fraternità. Questo è il segno eminente, che rivela se stiamo partecipando realmente e fruttuosamente del Memoriale eucaristico.
Ecco allora che possiamo meglio capire l’accostamento tra il testo della lettera ai Corinzi ed il Vangelo di oggi. A distanza di anni, la Comunità lucana, rileggendo quel segno compiuto da Gesù, ne coglie lo spirito eucaristico che lo anima, lo innerva. Al punto che, redigendo la memoria del miracolo, Luca usa le stesse parole usate da Gesù nell’Ultima Cena. Inoltre, con la stessa ambivalenza del “fate questo in memoria di me”, oggi Gesù ci dice: “Date loro voi stessi da mangiare”.
In altre parole, il primo dono che possiamo fare agli “altri” è quello di noi stessi, delle nostre persone, della nostra comunione/compartecipazione al lor bisogno. Poi potremo dare tutti gli aiuti economici che vogliamo. Ma, ripeto, la novità e la specificità del donare cristiano è quella di essere e farsi noi dono, servizio, per gli altri. Senza voler semplificare fino alla banalizzazione problemi estremamente complessi, penso però che forse in questo dettaglio stia la radice di tanti fallimenti degli aiuti dati ai “poveri”, comunque si voglia intendere questo termine.
Dalla mia, pur limitata, esperienza posso testimoniare che l’aiuto materiale ed economico è una delle ultime forme di condivisione, che serve realmente ai poveri. A tal punto che, a volte, il soggetto non sappia neanche lui esattamente cosa farsene del tuo aiuto, se non fare ciò che noi gli abbiamo insegnato: consumare sempre e di più, fino a ritrovarsi nella necessità di sempre.
Altra cosa è donarsi al “povero” come Gesù, fino al punto di assumere e portare con lui le sue contraddizioni, per cercare di superarle. Ma per poter arrivare a questo livello non basta “spezzarsi” per lui, occorre “frantumarsi” fino a confondersi nella sua causa.
Pe. Marco