Ma chi è Faith?
don Marco ci presenta la figura della sua “perpetua”, leggiamo la sua storia e fermiamoci a riflettere su “come si può ancora chiamare tutto ciò “accoglienza”? Peggio, come si può usare la parola “integrazione” per un’aberrazione del genere? Infine, che senso ha far finta di non vedere, che tutto questo male riversato su questa gente, ricadrà su di noi fra qualche anno in termini di disagio sociale?”
Venerdì mattina, come mio solito, mi ero programmato per scrivere questa riflessione settimanale. Prima però ho guardato i messaggi di Whatsapp e ne vedo alcuni di Faith, la ragazza nigeriana che viene a farmi le pulizie una volta alla settimana. La chiamo e mi sento dire ciò che era nell’aria da giorni, ma non avrei mai voluto sentire. La presidente della cooperativa, dove risiede, le ha mostrato una lettera della Prefettura con l’ingiunzione per lei di lasciare il CAS entro domenica. Per inciso è bene ricordare, che la malcapitata porta con sé anche Aisha, sua figlia di un anno e cinque mesi. Dopo aver corso tutta la mattinata in cerca di una soluzione e non avendo più la testa per scrivere quanto dovevo, ho ritenuto doveroso rendervi partecipi di quanto sta avvenendo nelle nostre democraticissime Italia ed Europa.
Sì, perché sicuramente Faith non è l’unica, che si trova in queste condizioni degradanti; anzi, già si parla di migliaia di persone buttate nell’incertezza più totale. Ma chi è Faith?
E’ una ragazza nigeriana molto semplice, in qualche caso un po’ superficiale. Di certo, però, non è astuta, o perversa. Con l’italiano non c’è verso; ma lei non sa neanche cosa sia una scuola degna di questo nome. Sul lavoro non è una volpe; ma non si lamenta mai e compie il suo dovere fino in fondo. Quando viene richiamata, sa anche chiedere scusa. Virtù ormai scomparsa dal nostro scenario educativo.
Per questi suoi tratti poco brillanti fatica ad ottenere la Protezione umanitaria per casi speciali. Infatti, per lei la sentenza del Tribunale d’Appello arriverà sei anni e mezzo dopo il solito sbarco in Sicilia. Probabilmente il Tribunale ha deciso soprattutto alla luce del fatto che, nel frattempo, Faith è rimasta incinta della terza figlia. Infatti, ha lasciato gli altri due con la sorella in Nigeria, dopo un matrimonio fallimentare.
In questo quadro ideale per confermare i nostri luoghi comuni sui migranti, Faith però non demorde. Benché chieda continuamente un lavoro, non l’ho mai vista piangere, o disperarsi. Con la terza gravidanza sembra aver acquisito maggior consapevolezza circa la crudezza della vita. Non lascia mancare niente ad Aisha, spregiudicata e incontenibile, un vero e proprio inno alla Vita, che riesce a sbocciare da tutte le più drammatiche situazioni di morte.
Alla fine di aprile Faith riesce a trovare il suo primo impiego in Italia. E’ a tempo determinato, fino ad ottobre; è scomodissimo: fa la lavapiatti in un ristorante a Varenna; ma lei va, tutti i giorni, camminando da Malgrate alla stazione ferroviaria, per non spendere troppi soldi nel viaggio. Con molta fatica vuole continuare a venire da me; probabilmente per paura che un’eventuale sostituta le rubi il posto. E allora stringe i denti, perché per i poveri il futuro è sempre un terno al lotto.
Lei sa che, emessa la sentenza del Tribunale, avrebbe dovuto lasciare il CAS. Periodicamente mi chiede di aiutarla a trovare una casa. Io ci penso; potrei anche offrirle soluzioni temporanee; ma quali prospettiva ha una donna straniera, sola, con una figlia a carico, con un reddito temporaneo di € 600,00? Finché rimane nel CAS, ha un tetto sopra la testa ed il cibo assicurato. Lei avrebbe diritto anche ad essere inserita nel programma SAI, ma solo Dio sa, se e quando la chiameranno. Infatti, questo programma del governo è saturo, perché, chi l’ha terminato, a sua volta non se ne va, non avendo una casa dove abitare, nonostante le migliaia di appartamenti sfitti solo in Lombardia.
In tutto questo caos, come sempre succede, “se la corda si deve rompere, si rompe nel punto più debole”. Ed è così che il “Decreto Cutro” viene a peggiorare i famigerati “Decreti Salvini”. Infatti, la circolare attuativa del Decreto ordina tassativamente lo svuotamento dei CAS da questi “occupanti illegali”: esattamente coloro che sono in possesso del Permesso di soggiorno, ma non hanno una casa dove abitare. E così, mercoledì sera anche la nostra povera Faith e la malcapitata Aisha ricevono la comunicazione della Prefettura, di lasciare il CAS possibilmente entro domenica 3 settembre. Questo sta succedendo nella terra della libertà e dei diritti umani!
Se non fosse per la repentinità, la norma non farebbe una grinza; anche perché è profondamente disumano tenere rinchiusi in un CAS per 4-5-6 anni ragazzi tra i 18 e 30 anni senza fare nulla. Ma una situazione così complessa e contradittoria non si può pensare di risolverla, intervenendo solo su di un anello e, guarda caso, il più debole della catena.
Eppure questo dramma, diabolicamente censurato dai media e intenzionalmente dimenticato dai politicanti, costringe ad una vita disumana decine di migliaia di migranti.
Certo, non avendo nulla da fare con la Pastorale dei Migranti, venerdì ho passato la mattinata in Prefettura con lei e siamo riusciti a sospendere l’espulsione, in vista di possibili alternative. Altri migranti avranno trovato altri angeli custodi…
Ma il problema è un altro. Ovvero, come si può ancora chiamare tutto ciò “accoglienza”? Peggio, come si può usare la parola “integrazione” per un’aberrazione del genere? Infine, che senso ha far finta di non vedere, che tutto questo male riversato su questa gente, ricadrà su di noi fra qualche anno in termini di disagio sociale?
Nel 2022 la popolazione italiana è diminuita di 179.000 unità: più della somma degli sbarchi di 2020-2021-2022 messi insieme. Ha ancora senso considerare questa opportunità una malefica invasione? I miliardi che regaliamo ai vari dittatori, per difenderci da questo pericolo inesistente, potrebbero essere usati per una reale e profetica integrazione.
Che senso ha continuare ad erigere barriere, per difenderci dal “vento della Storia”? Non avrebbe molto più senso sfruttarne la potenza, per accelerare il corso inesorabile della stessa?
Pe. Marco