Il Battesimo di Gesù al Giordano, come ben sappiamo, non è esattamente sovrapponibile al nostro Battesimo, al Battesimo dei cristiani, anche se non mancano le ricadute dall’uno all’altro.
Il Battesimo di Gesù, chiaramente avvolto in una sfera teofanica, ovvero ricca di simboli, che la Bibbia usa quando deve dire la presenza di JHWH, ebbene ciò che viene denominato come Battesimo per Gesù pare sia stato un momento decisivo del suo prendere coscienza della missione che il Padre gli aveva affidato. In quell’esperienza vissuta al Giordano, probabilmente a seguito di un tempo di convivenza/ritiro con Giovanni Battista, Gesù ha potuto prendere coscienza più nitidamente del suo essere il Messia e, soprattutto, di come doveva vivere la sua missione salvifica nei riguardi dell’umanità. Ovviamente questo aspetto del Battesimo di Gesù è qualcosa di unico e specifico, che riguarda solo la sua persona.
D’altro canto, proprio per il suo essere il Messia, il Salvatore unico ed esclusivo dell’umanità, in Lui tutte le differenze umane vengono azzerate, come bene ci mostra S. Paolo nella seconda lettura; o, forse sarebbe meglio dire, vengono riconciliate. In altre parole, per il credente, per chi accetta di essere discepolo di Gesù, l’unica discriminante che ancora sussiste è tra chi accetta di essere Suo discepolo e chi no. Al tempo stesso, per il vero discepolo di Gesù le varie differenze umane, dalla nazionalità alla cultura, dal sesso alla religione, dalla lingua alla razza, invece di essere limiti ed ostacoli, diventano diversità riconciliate, diventano pietre diverse dell’unico edificio, che è la Chiesa; diventano gamma variopinta dell’unico Popolo decisivo per noi: il Popolo dei Figli di Dio, i discepoli di Gesù.
A questo riguardo, contro i mai vinti rigurgiti identitari, mi preme qui ricordare che l’adesione a Gesù, l’essere suoi discepoli, non può essere ridotta ad un gesto, certamente significativo, ma non decisivo, qual è il Battesimo sacramentale. Le parole del Papa di questi giorni circa l’incompatibilità tra la pratica religiosa e la vita marcata dall’odio e dalla discriminazione verso i fratelli la dice lunga su questo tema. Così come sarebbe opportuno ricordare a certi “patrioti”, ridotta a meri simulacri religiosi, ebbene a costoro servirebbe ricordare le feconde pagine dell’ultimo Karl Rahner sul tema dei cristiani anonimi.
Il brano della seconda lettura tratto dalla lettera agli Efesini è quello che ha ispirato il nostro Arcivescovo nell’indire il Sinodo per una Chiesa dalle genti. Certamente il tempo dedicato a questo tema così scottante è stato troppo ridotto. Sarebbe stato bene pensare qualche modalità che prevedesse la traduzione in pratica delle numerose intuizioni ed esperienze emerse durante il Sinodo.
Certamente in questo nostro tempo, segnato dal fiorire di miti identitari a diversi livelli non solo nazionali, la Chiesa di Gesù avrebbe bisogno di recuperare con forza questo tratto, che fa parte della sua natura più profonda. Come sempre, ritornare al Vangelo sine glossa può comportare grossi processi di purificazione e qualche rottura. Ma oggi come non mai l’umanità ha bisogno di ricordarsi qual è la sua chiamata più profonda, quella di essere un’unica famiglia. E allora chi più di noi cristiani può mostrare concretamente questa possibilità, vivendo come fratelli a partire dal Vangelo di Gesù? Questa possibilità ci è data nella misura in cui il nostro sguardo si distoglie dalle nostre differenze umane e si concentra su di Lui e sulla Sua vita quale nostro unico paradigma. Solo così le nostre diversità verranno ricomposte e le specificità dell’altro diventeranno una risorsa anche per me. In questo modo la Chiesa diventa realmente quel “segno e strumento di Salvezza per il genere umano” di cui parla “Lumen Gentium”. Questo Popolo che non si definisce, se non a partire dal suo riferimento a Gesù, diventerebbe così un richiamo per tutti gli uomini, perché si ricordino ciò che siamo realmente: sempre e solo fratelli, perché figli di un unico Padre.
Guardando l’estrema facilità con cui i battezzati, perlomeno qui in Occidente, si consegnano ad ogni tipo moda, o di gruppo identitario vien da chiedersi che fine ha fatto il Sacramento del Battesimo, a cosa lo abbiamo ridotto. Al tempo stesso qualsiasi tentativo di qualificarlo e di recuperarne il legame profondo con la prassi di Gesù si scontra con il suo carattere gratuito e universale.
Ma la posta in gioco è troppo alta e non possiamo permetterci che un Popolo di Dio dalla coscienza debole si lasci inghiottire dalla barbarie patriottica, che sta contaminando tutte le culture.
Pe. Marco