Pertanto, questa vita fisica ridonata a Lazzaro, nelle intenzioni di Gesù, non vuole assolutamente essere un segno di prodigiosità e di potenza. Bensì, come Lui stesso dice davanti alla tomba, è semplicemente un segno per confermare e rafforzare nei discepoli la certezza che Lui, Gesù, è portatore di una proposta esistenziale, che dà vita, che è pienezza di vita. Il Vangelo, dunque, che Gesù ci offre con la Sua vita, è l’offerta di un dono, di una opportunità di vivere con maggior pienezza questa esistenza terrena. Non è quindi un insieme di norme e procedure per conquistarsi il Paradiso. La Vita Eterna, la Vita vera, sta nel vivere come Gesù.
Su questo sfondo, forse acquistano un altro senso le battute iniziali tra Gesù ed i discepoli, per decidere cosa fare di fronte alla malattia di Lazzaro. Pur essendo marginali nell’economia del testo, rivelano, però, molto della profonda differenza tra la nostra visione istintiva, umana, di fronte alle sfide della vita e la prospettiva di Gesù, ovvero quella cristiana.
La prima reazione dei discepoli è quella di “mettersi in salvo, di salvare la propria vita”, come fa ed è giusto che faccia ogni animale di fronte al pericolo, anche l’animale-uomo. Ovvero la dimensione animale, che c’è in noi, sempre e comunque ci chiederà di metterci in salvo. Per Gesù, che pur avvertirà la paura di fronte al dolore straziante della Croce, la Salvezza, la Liberazione non è un problema, perché sa che la Sua vita sta saldamente nelle mani del Padre. La Sua preoccupazione, invece, è vivere in comunione con il Padre, è far trasparire dalla sua vita, dalle sue scelte chi è e cosa fa il Padre.
In particolare, di fronte di fronte a quella malattia ed al dolore di Marta e Maria, ciò che interessa a Gesù è soccorrerle, essere solidale con loro, perché il Padre è già all’opera in questo modo. L’agire di Gesù lo rende però più evidente, più tangibile e trasparente. Al tempo stesso Gesù non si preoccupa per le conseguenze di questo suo gesto, perché sa che il Padre comunque si prenderà cura di Lui. Questa sintonia con il Padre da senso ed unità a tutta la Sua vita, oltre ogni pericolo ed ogni minaccia.
Permettetemi a questo punto una piccola digressione autobiografica, che ha segnato la mia riflessione su questo Vangelo. In questi giorni qualche timido sviluppo delle tristi vicende brasiliane, nonché il mio imminente viaggio dopo due anni di assenza dal Brasile, mi hanno fatto meditare in una prospettiva inedita questo testo. Quante persone, sinceramente affezionate, mi hanno chiesto: “Perché ritorni giù, oltretutto in un clima socio-politico decisamente deteriorato? Ma è proprio necessario che tu vada? Non stai correndo qualche rischio di troppo?”. A parte il fatto che non è previsto il mio rientro nella Diocesi di Grajaú, a causa della lettera di espulsione ancora in vigore, ciò nonostante rimane il fatto che nella Diocesi di Grajaú alcune persone, con molta fatica ed in un clima di marginalizzazione, stanno cercando di mantenere viva la memoria di un percorso pastorale, che, in nome del Vangelo, ha cercato di rendere i poveri protagonisti della loro storia.
Senza voler entrare in discorsi sui massimi sistemi, questa è la possibilità concreta, che il Signore ha messo sulla mia strada. Per questo non penso sia giusto sottrarmi a questa responsabilità in nome di un buon senso troppo umano. Non sarebbe evangelico se pensassi soprattutto ai possibili sviluppi ed alle conseguenze, invece di pormi la semplice domanda: cosa farebbe Gesù in questa situazione? Come si posizionerebbe?
Questa penso sia la domanda squisitamente evangelica, che sempre dovremmo porci, soprattutto nelle situazioni più drammatiche della vita. Al resto penserà il Padre, come solo Lui sa fare.
Nel chiedere a te lettore di pregare perché possa rispondere al meglio a questa domanda, io posso garantirti la mia preghiera, perché tu possa lasciarti guidare nelle tue scelte dalla stessa domanda.
Pe. Marco