
Nel caos mondiale che stiamo vivendo, mi permetto di condividere alcune intuizioni del tutto personali. Giudicherete voi se sono anche evangeliche…
La prima annotazione di carattere generale, ma a mio avviso importante, è quella di non confondere il carattere planetario degli sconvolgimenti con l’apparente complessità della posta in gioco. Certamente la grandezza dei fenomeni in atto sfugge alla nostra comprensione ed al nostro controllo. Mentre la logica economica e politica, che ha prodotto questa realtà, è molto più semplice e comprensibile.
Di fatto, l’aver lasciato il neoliberismo svilupparsi autonomamente, quasi fosse l’unica struttura voluta da Dio per le attività economiche, ha portato ai paradossi che stiamo vedendo. Infatti, le teorie liberiste allo stato puro sostengono che “la mano invisibile del mercato”, se lasciata operare liberamente, senza interventi di carattere politico (più o meno come lo Spirito Santo nella Chiesa…), ebbene questa mano invisibile sarebbe in grado di risolvere tutti i problemi e farci camminare verso un mondo sempre migliore.
In realtà questa teoria economica, l’unica sopravvissuta agli ultimi trecento anni di storia occidentale, è solo una costruzione ideologica a servizio dei più forti e dei più astuti. In base a questi principi è stato creato un sistema economico-finanziario maldestro e complicato, nel quale loro, i potenti e gli astuti, potessero dilagare con i loro guadagni facili e spregiudicati. In pratica gli empi, come li chiama la Bibbia, hanno creato un sistema che si autoalimenta, generando e premiando gli empi e gli spregiudicati. Così ci ritroviamo in balia di uno scenario politico mondiale, che premia personalità evidentemente disturbate come Trump, o annovera Berlusconi tra i personaggi illustri del Cimitero monumentale di Milano…
Eppure questo sistema, che non posso qui descrivere in tutti i suoi sviluppi più recenti, quando rivela le sue contraddizioni ed arriva ai suoi momenti di crisi, chiede alla Politica “di togliergli le castagne dal fuoco”, come è stato nel caso del COVID, o più recentemente con le varie guerre in atto. In altre parole quella mano provvidenziale e invisibile del mercato non basta per il buon funzionamento di una società. Ma, parafrasando una sentenza di Gesù, come potranno uomini e donne accecati dalla luce sfolgorante del mercato, immaginare una società orientata alla ricerca del Bene Comune, o, se volete, animata dalla logica del Regno di Dio? E’ come chiedere alla volpe di fare la guardia alle galline…
Però, a mio avviso, c’è una sfumatura ancor più interessante e provocante. Per chi legge regolarmente queste mi riflessioni, l’avevo accennata all’epoca della pandemia. Provo a ridirla così.
Al netto di alcune motivazioni secondarie, la ragione principale, che ha scatenato la follia trumpiana, è la crescente competizione con la Cina. Ma il motivo profondo dell’angoscia americana è l’intuizione, che la Cina ha inventato una nuova forma di capitalismo, da noi poco conosciuta e ormai abbandonata: è il cosiddetto capitalismo di stato.
Con buona pace di chi vuole ingannarci, definendo la Cina un Paese comunista, come ben sappiamo la Cina è un paese perfettamente capitalista. Chi ha a che fare con uomini d’affari cinesi, conosce bene la loro spregiudicatezza, degna dei nostri Musk & C. Però, queste centinaia di milioni di uomini e donne, pur mettendo in atto liberamente i loro talenti e, aimè, la loro spregiudicatezza, lo fanno sempre all’interno di una programmazione ed una pianificazione superiore, statale. Ciò che dall’esterno può apparire semplicemente l’azione di uomini instancabili e talentuosi, in realtà è la fase terminale, operativa, di una pianificazione molto più grande e complessa: quella dello Stato cinese. Il che rende questo agire molto più efficiente e competitivo.
Ma tutto ciò non è forse un modo per realizzare di quel primato della politica sull’economia, che tanto manca all’Occidente?
Forse qualcuno starà inorridendo nel leggere queste mie parole. Non è il caso, perché sono ben consapevole dei deficit democratici cinesi; anche se, prendendoli uno ad uno, scopriremmo degli interessanti parallelismi nel nostro “democratico” Occidente; vedi il caso della pena di morte…
E se proprio vogliamo ancora ridurre la democrazia alla questione del voto periodico e regolare, mi pare che ormai interessa sempre meno in Occidente, sia ai “turbo liberisti”, che a coloro che esperimentano quotidianamente come il puro e semplice votare non produca una società più giusta ed equa; anzi da una cinquantina d’anni le disuguaglianze stanno aumentando in misura esponenziale.
Ecco, allora, che mi sembra giusto lasciar risuonare una domanda: perché non approfittare di questa krisis letteralmente intesa, per passare dalle nostre democrazie formali e delle democrazie compiute e sostanziali, a reali democrazie economiche e sociali?
Pe. Marco