Il Battesimo di Gesù, che celebriamo questa domenica, è una realtà ben differente dal nostro Battesimo, benché ad esso legato. Infatti, l’esperienza di Gesù al Giordano, denominata come il Battesimo di Gesù è stato un momento decisivo all’inizio del suo ministero pubblico, quando ha avuto moto, come uomo, di prendere coscienza del suo essere Figlio del Padre, il Messia atteso da Israele. In quel momento significativo Gesù ha altresì messo a fuoco il senso della sua azione messianica; ovvero come avrebbe adempiuto questo compito affidatogli dal Padre.
Ecco, allora, che in questo contesto cominciano ad emergere le due linee guida dell’azione gesuanica: da un lato l’affermazione del carattere assoluto della sovranità del Padre; Lui è il Signore e solo a Lui Gesù si affida obbedendo. Dall’altro la radicale dedizione ad ogni essere umano, riconosciuto come fratello e sorella, perché anch’essi di Lui figli e figlie.
Ma come sempre la vera sfida per noi non è accettare e professare queste verità di fede, in ciò che riguarda l’aspetto teologico, ovvero il discorso su Dio. La vera sfida per noi, che è anche la nostra sofferenza, è fare i conti con le ricadute antropologiche di queste verità. L’autentico volto Trinitario, rivelatoci da Gesù, ha sempre delle ricadute antropologiche pesantissime. Ed oggi S. Paolo ce ne dà un assaggio fondamentale. L’incorporazione a Cristo, che scegliamo con il Battesimo, ci obbliga a relazionarci con il resto dell’umanità in questo modo: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia.”
Più chiaro di così si muore. Ogni distinguo, ogni separazione, ogni gerarchia riguardante l’identità e la dignità umana è stata definitivamente abolita in Gesù Cristo. Queste distinzioni sono solo ed esclusivamente frutto della legge degli uomini. Assecondarle, tollerarle, o addirittura, appoggiarle significa negare la Croce di Cristo. Significa annullare il sacrificio che Gesù ha fatto per affermare questa Verità radicale. Certamente gli atei ed i pagani possono continuare a creare questo tipo di distinzioni. Chi si definisce cristiano non può mai; pena il suo ritornare alla condizione di pagano, con tutte le conseguenze del caso.
La mera celebrazione del Sacramento non elimina questo pericolo. Nella celebrazione del Battesimo gli interessatati celebrano nella fede questo desiderio di essere incorporati a Cristo e per questa disponibilità il Padre concede lo Spirito adeguato per la realizzazione piena di questo progetto di vita. D’altro canto l’incorporazione si realizza progressivamente nella vita concreta del battezzato. Ecco allora che se il soggetto approfondisce il suo pensare con e in Gesù di Nazareth, allora anche la sua incorporazione cresce. Ma se il suo bagaglio di ideali e di valori si distanzia da Gesù, allora anche la sua incorporazione si affievolisce, fino a morire.
Purtroppo i nuovi pagani, rivestiti di simboli cristiani, pensano al Battesimo come ad un atto di magia, che di per sé opera quanto detto fin qui, indipendentemente dalla responsabilità del soggetto implicato.
Attualmente la nostra sfida ecclesiale più grande è come far crescere questo pensare come Gesù. Personalmente ritengo che a tal fine sia quanto mai urgente semplificare e essenzializzare il nostro annuncio e la nostra prassi ecclesiale attorno alle due priorità, che erano anche di Gesù: educarci a vivere comunitariamente sotto l’assoluta signoria del Padre, che relativizza ogni altro potere e signoria mondani; ogni legge ed ogni decreto umano. Al tempo stesso e con lo stesso affermare e vivere in tutte le situazioni la nostra radicale fraternità in Cristo, anche nei riguardi di chi non crede in Gesù come Figlio di Dio.
In questo modo, forse, andremo oltre questa palude di mezze verità e di distinguo, che di fatto oscurano lo splendore della vita cristiana.
Pe. Marco