Mi chiamo Fatou; sono nata il primo maggio 2005 in Senegal, il mio paese d’origine. Ho due fratelli minori. Quest’anno ho fatto domanda per ottenere la cittadinanza italiana, affrontando molte difficoltà, poiché i processi sono lunghi e complicati. Ho scelto di richiederla perché credo che sia utile: con la cittadinanza italiana è possibile accedere a diverse opportunità più facilmente, come ad esempio viaggiare nell’Unione Europea.
Ho frequentato tutti i percorsi scolastici in Italia, dalla scuola dell’infanzia fino alle superiori. A scuola, in un modo o nell’altro, mi facevano sempre sentire diversa, con domande apparentemente innocue come: “Come mai sei marrone?” oppure con insulti pesanti che ancora oggi pesano nella mia mente, come: “Hitler ha sbagliato razza da sterminare; doveva uccidere tutti i neri” oppure: “Non vogliamo gente sporca, torna al tuo paese. Sei magra perché in Africa non avete cibo. Chissà quante malattie hai portato con te”. Perfino i complimenti contenevano discriminazione: molti mi dicevano che sono molto bella per essere nera, come a voler intendere che i neri siano brutti.
Mi sono appena diplomata al Liceo Linguistico di Villa Greppi a Monticello e lavoro da quando avevo 16 anni, conciliando scuola e lavoro. Sono musulmana e ne vado molto fiera; vedo nella mia religione una guida per diventare la donna che vorrei essere. I miei genitori sono senegalesi e sono emigrati in Italia da adulti; quindi non sono cresciuti nello stesso modo e con la stessa cultura in cui sono cresciuta io. Nonostante questo, però, comprendono il luogo in cui viviamo e sono stati più che capaci di farmi assimilare le parti positive, sia della cultura senegalese, che di quella italiana. In questo modo, sono cosciente di dove appartengo, quali sono le mie radici e sono stata capace anche di abbracciare e capire una cultura completamente diversa dalla mia. Questo mi permette di avere una mente aperta e comprensiva.
Possiamo dire che non mi sento completamente italiana, poiché ogni giorno qualcuno mi fa notare che non sono nata qui, o evidenzia solo gli aspetti negativi della mia cultura e della mia religione. La maggior parte delle mie amicizie sono italiane: con loro mi trovo molto bene, perché sono molto aperte a imparare e comprendere la mia cultura e la mia religione.
Concludo dicendo che, prima di essere amiche, sorelle, studenti ecc., siamo esseri umani. Il nostro sangue è rosso per tutti, indipendentemente dal colore della pelle. Non è la melanina a fare la persona, ma la sua ragione e la sua mente. Perciò smettiamo di essere prevenuti a causa di stereotipi inutili e iniziamo a vedere, conoscere ed eventualmente apprezzare le persone per quello che sono, non per quello che “dovrebbero” essere.