Nico Williams e Lamine Yamal sono come due fratelli nella squadra di calcio spagnola.
Entrambi provengono da famiglie migranti dall’Africa che hanno fatto propria la maglia rossa. Si accompagnano a vicenda e si prendono cura l’uno dell’altro fuori dal campo
La settimana in cui Vox ha fatto saltare gli accordi regionali che aveva con il PP, per non voler accettare la ridicola distribuzione di poco più di 300 minori migranti non accompagnati (menas) del contingente di oltre 6.000, sbarcati nelle Isole Canarie, arrivati attraverso la rotta marittima più mortale del mondo, un’altra ‘mena’, quest’ultimo, con tutte le carte in ordine, è diventato poco meno di un eroe nazionale.
Lamine Yamal, 16 anni e con un enorme talento naturale per il calcio, è diventato il punto di riferimento della nazionale spagnola, che ha giocato a Euro 2024. Assieme a lui un altro prodigio dello sport, Nico Williams, questo di 21 anni, ha condiviso non solo i colori de La Roja, ma una storia di superamento, con protagonisti i loro genitori, come tanti migranti, che rischiano la vita per raggiungere l’Europa.
La storia di Nico, del resto, è segnata dall’accoglienza riservata loro dalla Chiesa spagnola, la stessa che in questi giorni ha pubblicato un importante documento sull’integrazione dei migranti e che continua ad alzare la voce a favore dei loro diritti e a sostenere l’ILP, per la regolarizzazione di più di mezzo milione di immigrati, che rimangono in quel limbo burocratico, che ti obbliga a vivere senza documenti in regola.
Ospitato da Cáritas Diocesana de Vizcaya
Sì, perché erano appena arrivati dal Ghana, e prima che Nico esistesse, i suoi genitori, Félix e María, furono accolti dalla Cáritas Diocesana de Vizcaya. Lì incontrarono l’uomo che stava per essere ordinato diacono, Iñaki Mardones Aja, che apparteneva a un gruppo di accoglienza diocesano.
All’epoca, Maria era incinta di sette mesi, ma non di Nico, che non era ancora apparso sulla scena. Quello che portava in grembo era il maggiore dei Williams, Iñaki, un altro prodigio del calcio, insieme al fratello, emblema dell’attuale Athletic Bilbao.
I genitori hanno trascorso i primi giorni nei Paesi Baschi in una pensione e poi si sono trasferiti in un appartamento della Caritas. Quando il bambino è nato, in segno di gratitudine hanno voluto chiamarlo come Iñaki, oggi delegato per la Pastorale della Salute nella diocesi di Santander, dopo essersi secolarizzato e aver sposato una donna camerunense.
La Spagna meticcia di oggi
Ma anche se la distanza li ha separati, non è così l’affetto che tutta la famiglia Williams prova per quello che chiamavano ‘Big Inaki’, a differenziarlo dal bambino. Come ha sottolineato su Antena 3, “i due fratelli sanno da dove vengono” e “sono persone che hanno superato le difficoltà e fanno parte della Spagna meticcia e diversa che abbiamo oggi”.
Quella Spagna, che oggi scende in piazza per accogliere i giocatori, che hanno vinto il quarto Campionato Europeo per la Spagna; il paese con più titoli in questa competizione nell’intero Continente europeo. E dove due ragazzi (uno di loro sarebbe un mena, l’altro, potrebbe essere uno dei tanti che aspettano anche loro di essere trasferiti nella penisola), di etnia e colore simili a tanti altri, che sono anche in attesa di essere accolti, ebbene questi sono l’emblema e il motore che oggi, almeno per qualche istante, sembra aver unito tutti gli spagnoli. O quasi tutti.