“Non ha avuto forse il rilievo che ci si sarebbe potuto aspettare, in un paese ancora apparentemente legato alla tradizione cattolica, la recente presa di posizione della Conferenza episcopale italiana sul progetto di autonomia differenziata, oramai in dirittura d’arrivo in parlamento. Una presa di posizione decisamente negativa, che conferma quella espressa il 5 marzo scorso dalla Conferenza episcopale siciliana.
«Ci preoccupa»
Nel comunicato finale dell’Assemblea generale dei vescovi, svoltasi dal 23 al 26 maggio, si dice senza mezzi termini: «Alcuni progetti legislativi rischiano di accrescere il gap tra territori oltre che contraddire i principi costituzionali. È in gioco il bene comune che può e deve essere promosso sostenendo la partecipazione e la democrazia».
Per di più, in una Nota approvata dal Consiglio permanente il 22 maggio, si ribadisce il principio «Il Paese non crescerà se non insieme», che aveva ispirato i due grandi documenti dedicati in passato dalla CEI alla questione dei rapporti tra Nord e Sud d’Italia: Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, del 1989; Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, del 2010.
I vescovi ricordano nella Nota che proprio il pensiero cattolico, con Luigi Sturzo e non solo, ha sempre sostenuto il valore delle autonomie regionali. Ma, aggiungono, «solidarietà e sussidiarietà devono camminare assieme, altrimenti si crea un vuoto impossibile da colmare (…). Ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica».
Nella conferenza stampa al termine dell’Assemblea il presidente della CEI, il card. Zuppi ha ripreso e confermato queste preoccupazioni e ne ha cautamente espresso altre sull’altra riforma proposta dal governo, quella del premierato, anch’essa in discussione in questi giorni:
«A titolo personale posso dire che è necessario tenere presente lo spirito della Costituzione, scritta da forze politiche non omogenee che però avevano di mira il bene comune. Dunque, l’auspicio è che ciò che emergerà non sia qualcosa di contingente, cioè che non sia di parte. Comunque, è un discorso ancora aperto, vediamo come va la discussione».
Reazioni e repliche
Le reazioni da parte del governo non si sono fatte attendere. Per quanto riguarda le critiche al progetto sull’autonomia differenziata è stato Salvini, il suo principale sponsor, a replicare ai vescovi, durante un suo tour elettorale in Calabria:
«Non l’hanno letto. L’autonomia è una garanzia per i diritti essenziali al Sud che il Sud non ha mai avuto. Magari c’è qualche vescovo che, viste le polemiche che arrivano dal Vaticano, si è distratto. Manderò a chiunque voglia approfondire il testo dell’autonomia».
Immediata la replica del vicepresidente per l’area Sud della Conferenza episcopale italiana, Francesco Savino: «Dire che i vescovi calabresi non hanno letto la legge mi sembra un’offesa gratuita: l’abbiamo letta e l’abbiamo studiata con costituzionalisti e professori universitari. Il ministro Salvini deve farsene una ragione se, su questa materia, la pensiamo diversamente da lui».
Sul premierato è stata Meloni, che la considera «la madre di tutte le riforme», a polemizzare direttamente con il presidente della CEI:
«Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Con tutto il rispetto, non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare, quindi nessuno ha mai detto che si preoccupava per questo. Facciamo che nessuno si preoccupa».
Anche qui non è mancata la replica. Intervistato da Aldo Cazzullo, Zuppi ha osservato, sorridendo, che forse la Meloni «è stata tratta in inganno da Roberto Benigni che voleva fare il campo largo con il Papa… La Chiesa ovviamente non si schiera con una parte o con l’altra. Io non sono entrato nel merito della riforma, non ho dato giudizi sul rafforzamento dei poteri del premier. Ho solo espresso una preoccupazione: le riforme costituzionali richiedono la partecipazione più ampia possibile. Proprio perché gli equilibri costituzionali sono delicati. Questo non significa che tutti la debbano pensare allo stesso modo, ma che devono partecipare al dialogo, ritrovare lo spirito costituente. Nel dopoguerra democristiani, liberali e comunisti non la pensavano allo stesso modo, ma scrissero la Costituzione insieme. Oggi il richiamo vale per tutti, per la maggioranza come per l’opposizione»…
Il mutismo dei cattolici
Ma a colpire, più che il contenuto, è il tono infastidito e noncurante di queste repliche. Alla vigilia del voto europeo, che secondo la Meloni sarà un «referendum» – non solo sul modello di Europa, ma in primo luogo, nella sua interpretazione, sul governo – la premier e il vice-premier si sono potuti permettere di liquidare in poche stizzite battute una presa di posizione dei massimi livelli della gerarchia ecclesiastica, che in altri tempi sarebbe stata considerata un grave problema per l’immagine del governo.
Con una punta di arroganza, visto che non hanno neppure ritenuto necessario rispondere alle critiche, ma le hanno attribuite a disinformazione (Salvini) o a una illegittima invasione di campo (Meloni).
La verità è che il peso delle indicazioni dell’autorità religiosa sull’orientamento politico degli stessi credenti sembra ormai minimo. Si ha l’impressione, a volte, che nessuno ascolti i vescovi e lo stesso Papa.”. Soprattutto questi super cattolici aggiungo io.
Quanto fin qui riportato è parte di un articolo molto interessante, che potete leggere integralmente a questo link: I cattolici invisibili – SettimanaNews .
Non voglio rendere pesante la vostra lettura, pertanto non mi dilungherò con le mie considerazioni.
Integrando quanto detto dall’autore dell’articolo, da un punto di vista strettamente pastorale mi piace ricordare un felice passaggio della “Christifideles laici” di Papa Giovanni Paolo II°. Correva l’anno 1988. Benché lui abbia in parte tradito queste sue parole, le stesse mi paiono feconde, per capire quanto detto sopra: la profonda solitudine dei nostri Vescovi, mentre esprimono un giudizio storico alla luce del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa. Purtroppo, a trentasei anni da quel documento siamo lontanissimi, dal far sì che la nostra Liturgia e la nostra Pastorale siano luoghi dove aiutarci comunitariamente a leggere e ad operare nella società alla luce del Vangelo.
“Nello stesso tempo, il Sinodo ha rilevato come il cammino postconciliare dei fedeli laici non sia stato esente da difficoltà e da pericoli. In particolare si possono ricordare due tentazioni alle quali non sempre essi hanno saputo sottrarsi: la tentazione di riservare un interesse così forte ai servizi e ai compiti ecclesiali, da giungere spesso a un pratico disimpegno nelle loro specifiche responsabilità nel mondo professionale, sociale, economico, culturale e politico; e la tentazione di legittimare l’indebita separazione tra la fede e la vita, tra l’accoglienza del Vangelo e l’azione concreta nelle più diverse realtà temporali e terrene.”
Pe. Marco