Il testo della prima lettura di questa domenica (Gen 2,18-25) porta in sé la forza travolgente del simbolo; questo genere letterario, che permette all’essere umano di alludere alla Verità. Assodato, dunque, il carattere non descrittivo di questi racconti, dobbiamo soffermarci sulle domande, che li hanno generati. Nel caso del nostro brano è: da dove viene questa differenza irriducibile, maschio e femmina, che porta in sé una distanza incolmabile (un uomo non capirà mai fino in fondo una donna e viceversa) e, al tempo stesso, un’attrazione fatale, tale da cercare nell’altro/a il compimento di sé?
Ma questo testo va letto assieme ai versetti precedenti 4-17, che nascono da un’altra domanda: da dove viene questa creatura, l’essere umano, così uguale e così diversa da tutte le altre creature?
Partendo da quest’ultima domanda le Scritture ci dicono, che l’essere umano è adam “terra vivente, terra animata” dalla Ruah, dallo Spirito del Creatore. Dunque noi siamo creature, siamo creati come tutte le altre creature; ma siamo stati resi viventi dal suo Spirito del Creatore; ovvero autocoscienti e capaci di dialogare con Lui.
Benché ciò sia già di per sé un prodigio, non siamo ancora giunti all’apice della Sapienza divina. Ed ecco allora il nostro testo di oggi, per rispondere alle prime domande: perché questa creatura non è indifferenziata, neutra, fluida a seconda delle situazioni e delle necessità? E’ invece quella bipolarità irriducibile e complementare ad un tempo? E perché dal “gioco”, ovvero dall’incontro/scontro tra queste due polarità, il maschile ed il femminile, nasce e si perpetua la Vita? In questo senso dobbiamo intendere la Benedizione data alla prima coppia e più in generale tutte le benedizioni bibliche. In altre parole, nella dialettica maschile/femminile è racchiuso il progetto originario del Creatore; per questo motivo è fecondo e generatore di Vita.
Tenendo sullo sfondo queste fugaci precisazioni, mi è sembrato opportuno rileggere su questo sfondo alcuni passaggi dell’intervento di Papa Francesco a “Gli stati generali della natalità”.
Buona lettura
Pe. Marco
“Vorrei riflettere un po’ su queste tre parole-chiave.
Prima: realismo. In passato, non sono mancati studi e teorie che mettevano in guardia sul numero degli abitanti della Terra, perché la nascita di troppi bambini avrebbe creato squilibri economici, mancanza di risorse e inquinamento. Mi ha sempre colpito constatare come queste tesi, ormai datate e superate da tempo, parlassero di esseri umani come se si trattasse di problemi. Ma la Vita umana non è un problema, è un dono. E alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società. Il problema non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo – questo è il problema -; non sono i figli, ma l’egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato, fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici. [1] L’egoismo… induce ad avere tanti beni, senza più saper fare il bene. E le case si riempiono di oggetti e si svuotano di figli, diventando luoghi molto tristi. Non mancano i cagnolini, i gatti…, questi non mancano. Mancano i figli. Il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici.
Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo… E c’è un dato che mi ha detto uno studioso di demografia. In questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncezionali. Le une distruggono la vita, gli altri impediscono la vita. E questi sono gli investimenti che danno più reddito. Che futuro ci attende? È brutto…
Serve lungimiranza, che è la seconda parola-chiave… Si tratta di attuare serie ed efficaci scelte in favore della famiglia. Ad esempio, porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli; oppure liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa…
Terza parola: coraggio… E qui mi rivolgo particolarmente ai giovani. So che per molti di voi il futuro può apparire inquietante, e che tra denatalità, guerre, pandemie e mutamenti climatici non è facile mantenere viva la speranza. Ma non arrendetevi, abbiate fiducia, perché il domani non è qualcosa di ineluttabile: lo costruiamo insieme, e in questo “insieme” prima di tutto troviamo il Signore… Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente!”
Papa Francesco