In occasione del 44° anniversario del martirio di San Oscar Romero, che ricorre esattamente
domenica 24, vi offro questa semplice, ma suggestiva riflessione, sempre del mio amico Pe
Aquino. Buona meditazione.
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Oscar Romero è stato vescovo della diocesi di San Salvador, capitale di El Salvador, dal
1977 al 1980. Un piccolo paese dell’America Centrale, segnato da molte ingiustizie,
profonde disuguaglianze sociali e dal vivere sotto una dittatura militare.
Quando i poveri cominciarono ad organizzarsi per difendere i loro diritti, cominciarono
ad essere perseguitati dai proprietari terrieri e dal governo. Molti furono imprigionati,
torturati e persino uccisi. Anche coloro che hanno sostenuto i poveri nelle loro lotte
hanno subito le stesse conseguenze e lo stesso destino: perseguitati con i poveri e per il
bene dei poveri. L’elenco è immenso: dai contadini agli operai, fino agli studenti; dai
sindacalisti, agli avvocati, ai giornalisti; dalle suore, ai preti e ai vescovi… Più di 75.000
salvadoregni sono stati assassinati negli anni ’80.
Questa situazione di miseria, di ingiustizia e di violenza contro i poveri e i loro alleati
aprirono gli occhi e il cuore di Mons. Romero… A poco a poco, si rese conto che ciò era
contro la volontà di Dio e che la Chiesa non poteva rimanere in silenzio di fronte a
questa situazione. Cominciò a denunciare le ingiustizie e le violenze, a difendere il
diritto dei poveri ad organizzarsi e a sostenere le loro lotte e organizzazioni. Ogni
domenica, nella sua omelia, dava conto delle violazioni dei diritti umani nel Paese. Era
spesso l’unica voce profetica pubblica nel paese. Le sue omelie, trasmesse alla radio,
furono ascoltate in tutto il Paese.
Ma Romero finì anche per essere calunniato e perseguitato per essere dalla parte dei
poveri. Anche da molte persone nella Chiesa, che stavano dalla parte dei
ricchi. Giornali, radio e televisioni lo accusarono di essere comunista e di incitare alla
discordia e alla violenza. La radio della diocesi è stata bombardata più volte; diversi
sacerdoti e religiosi furono perseguitati, espulsi dal paese, torturati e persino uccisi; la
maggioranza dei vescovi, alleati con i militari e i proprietari terrieri, preoccupati di
mantenere i privilegi della Chiesa, erano contro di lui. Ma Romero non si arrese. Diceva
che il più grande tesoro e la più grande ricchezza, che la Chiesa doveva proteggere, era
la vita dei poveri. E che questa era la sua missione di cristiano e di vescovo. Ha sempre
rispettato e amato tutte le persone, comprese quelle che lo calunniavano e lo
perseguitavano; ha sempre condannato la violenza; ha perdonato i suoi assassini in
anticipo. Ma ha difeso con tutte le sue forze e senza vacillare la dignità e i diritti dei
poveri. Molti contadini e operai dicevano che era la loro voce: la “voce di chi non ha
voce”.
E il 24 marzo 1980 fu assassinato, per volere dei militari, mentre celebrava
l’Eucaristia. Pensavano che in questo modo avrebbero messo a tacere la sua voce
profetica. Al contrario, ha iniziato a riecheggiare sempre più forte e più lontano,
incoraggiando molte persone e comunità in tutto il mondo, a denunciare le ingiustizie e
a difendere i diritti dei poveri. La sua missione è continuata nella vita di molti cristiani,
di molte altre persone e di molti gruppi e comunità. Lui stesso aveva già avvertito, nel
contesto delle minacce che aveva ricevuto: “se mi uccidono, risorgerò nel popolo
salvadoregno”; “Un vescovo morirà, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà
mai”.
Celebrare la memoria di Romero significa confermare la sua vita e assumere la sua
missione. È continuare a fare quello che ha fatto lui nel luogo e nel contesto in cui
viviamo. Non basta riconoscere la sua santità e fare il tifo per lui in una celebrazione. È
necessario renderla viva e attiva nelle nostre comunità attraverso il nostro impegno e la
nostra azione in difesa dei diritti dei poveri e degli oppressi. Anche se è costoso. Gesù
stesso aveva già ammonito: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi»
(Gv 15,20).
La celebrazione della memoria di Romero, insieme alla celebrazione della memoria di
Gesù Cristo, martire per eccellenza, ci impegna tutti. Con questa memoria confermiamo
la sua vita e ci uniamo a Lui, facendo nostra la sua missione, attualizzando nella nostra
vita e nella nostra azione pastorale il suo impegno per i poveri. Solo così possiamo
celebrarlo evangelicamente e gridare senza ipocrisia: Viva San Romero!! Perché il
nostro grido non sarà altro che l’annuncio profetico che Romero vive in mezzo a noi e
vive proprio attraverso il nostro impegno per la causa dei poveri, per la lotta per la
giustizia.
Viva San Romero!! Che viva!!
Alla “gloria di Dio” che sono i “poveri che vivono”!
Pe Francisco de Aquino Junior