Tutte e tre le letture di questa Domenica del Rito ambrosiano (1Mac 1, 10. 41-42; 2, 29-38; Ef 6, 10-18; Mc 12, 13-17) ci obbligano a fare i conti con il carattere vivo ed incandescente della Parola di Dio. Ciò soprattutto a causa del contesto storico in cui ci troviamo a meditarle. Fermo restando la complessità e la contraddittorietà delle vicende storiche, non ultime le attuali, ciò nonostante per queste riflessioni possiamo tenere sullo sfondo la situazione dell’Ucraina e del Niger.
Partendo dalla prima Lettura, possiamo dire senza ombra di dubbio, che qui, come in altri casi citati dai due Libri dei Maccabei, abbiamo un’anticipazione del Vangelo di Gesù. In particolare, l’esempio qui citato ci mostra come dovrebbe comportarsi il credente di fronte ad un ingiusto aggressore. E l’aggressione non è necessariamente fisica o militare. Anche la tirannia di Antioco IV°, come quella in cui noi viviamo, fu innanzitutto culturale e spirituale. Lui e tutta la cultura ellenistica del tempo non volevano annientare l’ebraismo, bensì annacquarne la pretesa di verità, ridurlo ad una religione politicamente corretta, in linea con le mode del momento.
Analogamente oggi, fintanto che la Chiesa accetta di disquisire astrattamente sugli ideali occidentali, allora è sempre la benvenuta ed al suo rappresentante viene riservato il posto d’onore nei vari talk show. Se però malauguratamente si permette di difendere la vita umana, senza se e senza ma, allora cominciano le reazioni a catena, non certo in linea con i valori declamati astrattamente.
Già a questo livello, però, è importante cogliere le indicazioni, che ci vengono dalla Parola di Dio di questa domenica. Ovvero, il discepolo di Gesù di fronte al potente di turno, o ad una colonizzazione culturale, non può limitarsi ad aumentare le sue devozioni, affinché Qualcuno da lassù ci pensi. Peggio ancora non sta in silenzio, né si gira dall’altra parte, in nome di un quieto vivere spacciato per pace sociale, o ecclesiale. Infatti, quieto vivere e Pace sono due realtà totalmente indipendenti e raramente l’uno ha a che fare con l’altra.
Il discepolo di Gesù deve dare a Cesare ciò che gli spetta, sempre che Cesare adempia la sua missione e si muova dentro i suoi limiti. Ma quando Cesare vuole prendere il posto di Dio e tratta i suoi fratelli come se lui fosse Dio, allora il discepolo è chiamato, in nome del suo Battesimo, ad esercitare la denuncia profetica, perché venga smascherata l’ingiustizia in atto. La Buona Novella del Vangelo, la Giustizia del Regno, si rivela anche denunciando l’ingiustizia imperante e la violenza della logica mondana.
Orbene, dentro questo conflitto tra i discepoli del Regno e i potenti del mondo, come già accennavo all’inizio, il discepolo di Gesù è chiamato a smascherare l’ingiustizia e l’oppressione, senza però usare violenza contro il malvagio. Questa è stata inequivocabilmente la scelta di Gesù ed è ciò che Lui ci indica come ideale di vita. Senza ulteriori giri di parole, ciò significa la disponibilità anche ad andare incontro al martirio, perché difficilmente il malvagio ritorna sui suoi passi, quando viene smascherato nelle sue nefandezze.
Detto ciò, va però aggiunto che Gesù ci mostra il martirio come via perfetta, ma non lo impone, non lo esige, dai suoi discepoli.
Per questo motivo, sia Gesù prima che la Chiesa poi, non condannano chi cerca di difendersi come può da un ingiusto oppressore.
Senza volerci impegnare in una rassegna storica soddisfacente, basti qui citare lo stesso libro dal quale è tratta la prima Lettura, il Primo Libro dei Maccabei. Ebbene, i Maccabei sono la famiglia che ha guidato la resistenza armata contro Antioco IV° e gli altri governanti ellenistici. La loro resistenza è stata così significativa, da dare il titolo a ben due Libri biblici!
Analogamente non si è mai messa in dubbio la profonda Fede cristiana di Zaccagnini, Donat Cattin e molti altri, semplicemente perché parteciparono attivamente alla nostra Resistenza.
Oppure, nel mio piccolo, me ne sono guardato bene dal condannare i miei contadini impegnati nella lotta per la Riforma agraria in Brasile, i quali, durante l’occupazione delle terre incolte, portavano con sé delle armi. Ufficialmente per andare a caccia, ma all’occorrenza anche per difendersi dai pistoleros dei latifondisti.
Infine, per tranquillizzare qualche anima bella scandalizzata da qualche mie affermazioni, vorrei ricordare, che anche nelle condizioni di maggior legalità e democrazia, mentre noi facciamo le marce per il disarmo, normalmente dimentichiamo che contemporaneamente deleghiamo ad altri uomini e donne, la Forze dell’Ordine e gli Eserciti, il paradosso di usare la violenza per difenderci da possibili ingiusti aggressori. Purtroppo, anche loro, in quanto uomini e donne, hanno una coscienza che ordina di non uccidere. Eppure…
Fermo restando che questi ed altri paradossi non potranno mai essere superati, nella misura in cui ne avvertiamo la drammaticità, dovremmo dedicarci con sempre maggior determinazione nell’affrontare tutte le piccole, o grandi, situazioni d’ingiustizia. Il lasciar correre per pigrizia, o perché tocca sempre a qualcun altro, è il modo più sottile e strisciante di alimentare la violenza.
Pe. Marco