Molti di voi in questi ultimi giorni sono stati disturbati dai miei messaggi, riguardanti la questione
del cosiddetto “Marco temporal” (Termine temporale) per i territori indigeni brasiliani. Lo sfondo,
nel quale si colloca l’intera questione, è quello del riconoscimento giuridico di quei territori, che,
pur essendo parte dello Stato brasiliano, di fatto vengono amministrati dalle varie popolazioni
originarie del Brasile. E’ una sorta di autonomia territoriale riconosciuta e sancita giuridicamente.
In pratica si tratta della stessa problematica delle cosiddette “Riserve indigene” degli Stati Uniti.
Non a caso anche in Brasile queste terre vengono denominate “Riserve”.
Quindi, andando a ritroso, la premessa storica di questo problema è la tragedia storica della
colonizzazione, che a noi venne presentata sui banchi di scuola con i toni trionfalistici della
“Scoperta dell’America”; come se prima del 1492 gli Americani non esistessero…
Rimanendo specificamente sul caso brasiliano, il Progetto di Legge in questione vorrebbe stabilire
il 5 ottobre 1988, data della promulgazione dell’attuale Costituzione democratica, quale termine
utile per analizzare i processi di omologazione delle suddette terre. In pratica, gli indigeni
potrebbero avanzare delle richieste solo su quelle terre da loro abitate, o già rivendicate, fino a
quella data.
La questione di un riferimento cronologico, probabilmente bizzarra per i non brasiliani, è invece
perfettamente comprensibile, per chi vive nel regno del caos giuridico e amministrativo. Ma il caos
non è frutto del caso…
Infatti, se da un lato il catasto e la legislazione annessa sono utili per una convivenza armoniosa, è
altrettanto vero che tutta la storia della proprietà privata è segnata dagli abusi più spietati,
celebrati dai potenti di turno con l’avvallo delle leggi fatte ad usum delphini. E il Brasile non è
esente da questi furti legalizzati… Solo in Brasile qualche buon geografo ha buttato via un po’ del
suo tempo ed ha scoperto, che i titoli di proprietà del Catasto corrispondono ad un territorio, che
è il triplo delle aree effettivamente disponibili. Il che significa che “qualcuno” ha redatto titoli falsi.
Probabilmente erano dei contadini analfabeti, che non sapendo né leggere, né scrivere, hanno
commesso questi errori documentali!
Lavorando per la Pastorale della Terra, ho potuto constatare che quasi tutti i conflitti per la terra
avevano alle spalle dei crimini amministrativi legati ai titoli di proprietà. Eppure, l’individuazione
dei suddetti crimini non era per niente difficile. Anche a me, analfabeta in materia, è successo di
far notare a qualche funzionario catastale “strane” interruzioni, o alterazioni, della linea demaniale
di qualche terra contesa. Eppure, chissà perché, era sempre troppo difficile, o complesso, andare a
fondo di queste evidenze!
Sta di fatto che sempre, prima o poi, il potente di turno compare con un titolo giuridico, che
sancisce i suoi presunti diritti sul bene in questione; fino al paradosso del Brasile, Paese assegnato
dal Pontefice al re del Portogallo, attraverso lo scandaloso strumento del “Padroado”. In tal modo,
quando i nativi d’America chiedevano conto ai colonizzatori circa la loro venuta ed il loro agire
violento, la risposta era: “Il Papa ci ha dato l’autorità per fare ciò”.
Mi sono permesso queste piccole divagazioni, per far capire quanto il sancire una data arbitraria,
per risolvere una questione tanto complessa, sia certamente immorale, oltre che
antropologicamente scorretto. Per esempio ricordo con precisione, che il popolo Guajajara,
predominante nella regione di Grajaù, era giunto lì agli inizi dell’800, spinto dalle fazendas in
rapida espansione sul litorale maranhense. Ma a loro volta i Guajajara subentrarono e sostituirono
definitivamente altri popoli nativi, sterminati dai primi commercianti approdati a Grajaù, perché i
nativi erano troppo attaccati al loro territorio e ostili verso ogni forma di ingerenza europea.
Questa problematica del “Marco temporal”, apparentemente lontano ed incomprensibile per noi,
in realtà potrebbe essere uno dei tanti esempi, dai quali partire per rileggere il dramma della
colonizzazione, passata e presente. Infatti, è molto ipocrita e meschino dimenticare questa
tragedia e pensare che la storia dei migranti cominci quando sbarcano sulle nostre coste. Il
rapporto coloniale, che noi occidentali abbiamo creato con il resto del Pianeta, ha generato il
concetto di “madrepatria” e di “colonia”, stabilendo noi unilateralmente i diritti/doveri dell’una e
dell’altra parte.
In tal modo, noi abbiamo sempre il diritto di andare a sfruttare loro e le loro ricchezze nelle forme
e nei tempi, che riteniamo opportuni. Mentre loro possono venire da noi, solo quando possiamo
sfruttarli in regime di schiavitù e similari.
Pe. Marco