Il pretesto per questa riflessione mi è venuto dalla notizia, appena ricevuta, della morte per COVID di una delle tante suore conosciute in Brasile.Non è una suora che conoscessi particolarmente bene, ma lei mi aveva fatto conoscere sua nipote, che mi forniva i biglietti per i miei viaggi aerei . Inoltre più volte,mi ha accudito nelle mie soste a Fortaleza.
Pur potendo contare sulla migliore assistenza medica brasiliana, essendo una religiosa, ciò nonostante , non è riuscita a sfuggire alla furia del virus e alla tragedia che sta vivendo il Brasile. Infatti, come abbiamo sentito ripetere a iosa, la pandemia non ha fatto altro che portare a maturazione tutte le contraddizioni del nostro mondo, opulento e miserabile ad un tempo.
Come ero solito dire nei primi anni della mi missione brasiliana, in Brasile si può trovare tutto ed il contrario di tutto. Certamente è uno specchio della vicenda umana ed è per questo che Papa Francesco ha voluto dedicare un Sinodo all’Amazzonia: perché in quella parte di mondo è presente il mondo intero.
Ed è così, che nella patria del populismo, il virus ha fatto letteralmente esplodere il meglio di questo altro virus, il suo volto più vero e più tragico: Jair Bolsonaro. Probabilmente qualcuno potrebbe essere tentato di fare qualche paragone con Trump, magari per cercare di capire chi dei due sia il migliore, o il peggiore, che dir si voglia.
In realtà, però, sia per gli standard di vita differenti, sia per la solidità delle strutture democratiche statunitensi, non penso sia possibile il paragone.
Nonostante il genocidio in atto degli strati più poveri della popolazione, Bolsonaro esibisce un cinismo ed una spregiudicatezza, spiegabile semplicemente come malattia mentale grave. Eppure… eppure, nonostante questi sintomi fossero ben chiari da sempre, ciò nonostante questo
personaggio è stato eletto nel totale rispetto delle regole democratiche. Ancora una volta la Legge è stata rispettata, ma il Bene ne ha pagato le conseguenze. Certamente lui ed il suo entourage sono stati spregiudicati nell’uso dei social media; ma questo è un altro problema. Così come lui ed i suoi figli sono strettamente legati alle milizie paramilitari di Rio de Janeiro. Ma tutto ciò non inficia il fatto che la maggioranza della popolazione brasiliana, pur avendo a disposizione queste informazioni, abbia scelto lui ed almeno il 40% della stessa continui a credere in lui.
Ecco, allora, che, benché non gli si debba perdonare una virgola per le sue scelte nefaste, ciò nonostante si deve anche contemporaneamente riconoscere, che una buona parte di quella popolazione sta pagando le conseguenze dei suoi mali.
A questo riguardo mi sento di fare una particolare riflessione sulla Chiesa Cattolica, che, nonostante la sua emorragia di fedeli, rimane pur sempre la principale istituzione religiosa del paese. Ebbene, anche per lei, prima il virus, poi la Campagna della Fraternità di questa Quaresima, hanno mostrato impietosamente le sue lacerazioni interne.
Infatti, un po’ come è successo con il fenomeno leghista in Italia, allo stesso modo la Chiesa brasiliana, inizialmente costretta dalla cecità di Giovanni Paolo II°, ha tenuto in seno e lasciato crescere liberamente i nuovi movimenti ecclesiali, soprattutto il Rinnovamento dello Spirito.
Queste frange, che in realtà rappresentano ormai il 40% del cattolicesimo brasiliano, ebbene questi raggruppamenti ecclesiali, dopo aver demolito ogni istanza storico-critica, tacciandola di sociologismo e marxismo velato, hanno rispolverato l’antico fideismo devozionale, anima della
colonizzazione latinoamericana.
Dopo di che non serve molto scandalizzarsi se abbiamo visto schiere di pastori pentecostali e di sacerdoti carismatici proclamare, in aperta contestazione con il Papa, che “non serve il vaccino, perché solo Gesù può curarci dal virus”. A partire da questi scenari, difficilmente potranno avere molto impatto i pronunciamenti profetici della Conferenza Episcopale, a cominciare dal suo esemplare Presidente.
Addirittura, queste frange per nulla minoritarie, durante questa Quaresima hanno scagliato attacchi durissimi contro il loro Episcopato ed hanno letteralmente boicottato l’evento principale dell’Anno pastorale brasiliano, la Campagna della Fraternità appunto.
Un discorso analogo, pur con sfumature diverse, va fatto per l’intera Sinistra brasiliana, PT in testa.
In questo caso, la preoccupazione ossessiva di governare il Paese a qualsiasi costo ha portato a trasformare il progetto di un Governo Popolare sul modello del Cile di Allende, in un Governo populista di stampo peronista, basato sul disavanzo commerciale frutto dell’esportazione di
commodities.
La distribuzione a pioggia delle briciole di questo disavanzo non ha fatto altro che accentuare l’ancestrale “corsa all’oro”, ovvero al denaro, istigata dal diavolo in ogni cuore umano.
In questo modo, l’onda lunga della crisi del 2008-2009, unita ad altri fattori interni, ha trasformato anonimi consumatori dell’assistenzialismo petista, in fanatici sostenitori di chi non faceva che dar voce ai ruggiti delle loro pance.
E così, una società già molto competitiva e poco incline alla solidarietà tra le differenti classi sociali, ha portato ad un vero e proprio caos sociale e nazionale.
Contemporaneamente, pur con la distanza che mi separa da quelle terre, continuo a commuovermi per i gesti di eroismo oscuro, che sostengono la resistenza delle classi più povere e più manipolate ad un tempo. Per un incredibile paradosso umano, a differenza di altri popoli della Terra, questi poveri brasiliani, tanto riescono ad inventare forme impensabili di solidarietà e sostegno, quanto sopportano irrazionalmente l’insopportabile.
In questo senso, l’eroica resistenza del popolo birmano è uno schiaffo all’inspiegabile sottomissione brasiliana.
Ma questo paradosso ha un nome ben chiaro: Brasile…
Pe. Marco