“Su, mangia con gioia il tuo pane e bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha già gradito le tue opere. In ogni tempo siano candide le tue vesti e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua parte nella vita e nelle fatiche che sopporti sotto il sole.”
Questa citazione, che ho scelto come ispirazione per questa riflessione, non è tratta da qualche opera di Epicuro , o di Ovidio. In realtà sono due versetti della Parola di Dio, in particolare del libro del Qoelet, e li abbiamo letti durante la Messa del giovedì di carnevale.
Mentre meditavo sui vari brani scelti per le prime letture di quella settimana, mi sono chiesto ripetutamente: con quale intenzione sono stati scelti questi brani? Ovvero, perché vengono letti durante la settimana di carnevale? Confesso che dentro di me porto la convinzione, secondo la quale la scelta di queste letture va nella linea di un certo pessimismo cattolico, per il quale tutto è vano, inconsistente, inutile su questa Terra. Ergo, attenti alle diversioni carnevalesche! Ovviamente quest’anno non fa testo a causa del COVID.
In ogni caso, questi ed altri dubbi mi hanno portato a rileggere alcune pagine di questo breve, quanto travolgente, libretto biblico, il Qoelet appunto.
Il libro è di una modernità sorprendente, sia per le questioni che pone, sia per l’argomentare spregiudicato, irriverente, paradossale. Tutto il libro ruota attorno ad una domanda di fondo: che senso ha la Vita, se la morte azzererà tutto e tutti, senza alcuna distinzione? Si tenga presente che per l’autore la nozione di Aldilà è alquanto
fumosa ed indistinta. È l’idea veterotestamentaria dello Sheol.
Da qui il famoso adagio, che accompagna tutto il libretto, “Vanità delle vanità tutto è vanità”; dove il termine “vanità” nella lingua ebraica non vuole esprimere un giudizio etico, bensì richiama la breve esistenza del respirare, il breve attimo di un sospiro.
Ecco, Qoelet con questa immagine semplicissima, ma potente, vuole esprimere il rapido fuggire del Tempo, che porta con sé ogni cosa, senza distinzioni.
Da qui la domanda dell’autore: se questa è la Vita, che senso ha? Dentro questo quadro, però, Qoelet coglie in modo magistrale alcune Verità fondamentali.
Certamente la sintesi dei suoi percorsi paradossali è il versetto 11,9 “Sta lieto, o giovane, nella tua giovinezza , e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio”.
Innanzitutto questo attaccamento alla Vita, questo valorizzare fino in fondo la Vita in tutti i suoi aspetti positivi. Probabilmente alla radice di questa posizione vi è l’impossibilità di rifugiarsi in un Aldilà, in cui non può ancora credere.
Però è anche vero che, per la mancanza di fede in una vita oltre la morte, avrebbe potuto arrivare a conclusioni esattamente opposte, ovvero la vita non vale niente e non vale la pena di essere vissuta. Invece per Qoelet, pur con i suoi misteri ed i suoi paradossi, la Vita va accolta e vissuta, perché è un dono di JHWH. In altre parole, la valorizzazione piena di ogni momento della Vita è il segno più eloquente, che la riconosciamo e l’accogliamo come un dono del Padre. E ciò nonostante la sua fugacità e la sua precarietà.
Ricordo di aver scoperto queste pagine di Qoelet, durante il mio primo anno a Dom Pedro in Brasile, dopo il terribile “fuoco di Sant’Antonio”, che mi aveva prostrato come non mai.
In quella vicenda limite e paradossale Qoelet mi aiutò a vivere in pienezza quella situazione totalmente imprevista. Devo dire che in questo lavorio spirituale mi ha aiutato molto la sapienza esistenziale del popolo maranhense, con la sua capacità di vivere ogni momento della Vita per quello che è, nella gioia e nel dolore. Così come ho imparato a vedere ogni dimensione della Vita per quello che è, senza rinchiuderla in tante precomprensioni moralistiche, che generano solo tristezza e angoscia.
Purtroppo una secolare spiritualità cattolica irrazionalmente proiettata nell’Aldilà, ha portato a squalificare in modo sbrigativo l’Al di qua, ovvero buona parte di questa Vita, che ci è data da vivere nostro malgrado.
Ancora oggi, purtroppo, le forme devozionali più in voga insistono su questa contrapposizione Vita terrena-Aldilà, non rendendosi conto che insistere su questo contrasto non può che portare ad una domanda molto pericolosa, quasi blasfema, ovvero: Se questa Vita non vale niente, allora perché il Signore ci costringe a viverla?
In realtà Gesù di Nazareth è un uomo che ha vissuto in pienezza il Tempo, che il Padre gli ha dato da vivere su questa Terra. Nei Vangeli noi non troviamo mai un giudizio negativo su qualche aspetto della vita terrena in quanto tale.
Invece, troviamo in Lui delle forme rivoluzionarie , sconvolgenti nel pensare e nel vivere aspetti decisivi della nostra esistenza.
Ecco, queste svolte imprevedibili e scandalose sono il compimento di quanto già Qoelet anticipava quando diceva: “Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio”. Ovvero, come ci dirà inequivocabilmente S. Paolo: “Tutto è bene, ma non tutto è utile”.
In altre parole, se è vero che non c’è nulla che sia di per sé negativo nella Creazione, è pur vero che per noi esseri umani non basta dare libero sfogo ai nostri istinti, vivere di pancia; perché, a differenza degli animali, tutto il nostro essere è stato segnato dal peccato originale e tutto deve essere liberato dall’interazione continua con la Parola di Dio.
Soprattutto per questo motivo ogni anno c’è la Quaresima: per imparare ogni anno a vivere al meglio.
Pe. Marco