Ed eccoci di nuovo qui con il virus e la morte alle nostre porte. Avendo imparato ben poco dalla prima ondata delle pandemia, adesso ci stiamo facendo di nuovo tutte le domande più interessanti. Probabilmente sarà solo una sorta di “scacciapensieri” per far passare anche questa seconda ondata. Poi riprenderemo inesorabilmente a rincorrere i nostri miti, quelli che ci uccidono veramente, perché “oltre al corpo, uccidono la nostra anima”.
Sarà per lo scarto che stiamo vivendo tra le varie analisi scientifiche ed i risultati ottenuti nel controllo della pandemia, che una delle principali accusate è la ragione, l’intelligenza umana, soprattutto nella sua versione scientifica; al punto che non pochi opinionisti si sbilanciano con articoli fino a pochi anni fa impensabili. Non pochi titoli stanno dichiarando la fine della scienza come fonte di verità. Anche lei, si dice, non è altro che un guazzabuglio di opinioni, probabilmente sottomesse all’interesse economico che le sostiene.
Come tutte le rivoluzioni, e questa a suo modo lo è, anche questa va presa molto con le pinze, perché di tutto abbiamo bisogno in questo momento, ma non certo del sonno della ragione.
D’altro canto, questo crollare del mito del sapere scientifico non può che essere un bene. Infatti, il problema non sono la scienza e la conoscenza in sé stesse. Queste sono conquiste inequivocabile dell’umanità e come tali vanno salvaguardate. Il problema è la mitizzazione del sapere scientifico quale unica fonte di conoscenza e di verità. Purtroppo, per noi occidentali e per i nostri centri di potere questa è l’unica verità che vale: ovvero solo ciò che è esperimentabile dai sensi e può essere sottoposto a delle verifiche sperimentali, ebbene solo ciò esiste ed è vero. Tutto il resto viene rinchiuso nell’unico calderone delle emozioni e degli istinti e come tale viene trattato.
Così tra il credere in Dio, all’amore tra un uomo/donna, o lo scommettere su una squadra di calcio non c’è sostanziale differenza. A questo riguardo mi sovvengono certe emblematiche discussioni con i miei alunni, durante gli anni del mio insegnamento. Il problema non risiedeva tanto nelle capacità intellettuali nell’affrontare le riflessioni sul senso della Vita, quanto nel considerare le stesse alla stregua delle discussioni da bar. Così normalmente non si riusciva ad andare oltre un “io la penso così e continuerò a pensarla così. Non ha senso che continuiamo a confrontarci”.
Da queste banalissime annotazioni emerge chiaramente che la ragione ed i suoi strumenti conoscitivi sono degli strumenti potentissimi, che l’umanità ha a disposizione per conoscere la realtà; ma sono pur sempre strumenti. Prima ed al di fuori della ragione c’è tutto un insieme di dimensioni, che fanno parte del nostro essere umani: l’emotività, l’affettività, la libertà, la fiducia/fede e la coscienza solo per citare le principali. Tutte queste dimensioni ci costituiscono e ci accompagnano nel nostro vivere, soprattutto quando non pensiamo a loro e non ci accorgiamo di loro.
D’altro canto, tutte queste dimensioni vanno comprese ed educate, né più né meno come la razionalità. Invece, il nostro modello culturale le ha praticamente dimenticate, salvo interessarsene quando appaiono le cosiddette “patologie della psiche, o dell’anima”.
Senza immergerci in riflessioni troppo complesse, se noi osserviamo le caratteristiche dei più rinomati leader mondiali, possiamo costatare come, a fronte di un’intelligenza certamente ipersviluppata, evidenziano un’immaturità, o addirittura delle forme patologiche, per quanto riguarda le dimensioni sopra citate. In questo modo, nei più svariati ambiti della Vita, noi ci stiamo affidando a degli “enfants prodiges”; ovvero persone che hanno coltivato molto le loro abilità intellettuali, per metterle a servizio di un’umanità poco più che infantile. L’esempio classico, che possiamo citare, è quello che nessuno vorrebbe andare in America su di un Boeing pilotato da un bambino delle elementari.
Probabilmente a qualcuno queste ultime considerazioni potrebbero sembrare estranee alle problematiche poste all’inizio. In realtà, ho voluto allargare il raggio della riflessione, esattamente per far capire come questa crisi della razionalità scientifica fosse in qualche modo inevitabile e, per certi versi, auspicabile. Infatti, non possiamo che augurarci che, ridando alla ragione il luogo che le spetta dentro la vita dell’umanità, si riesca a percepire l’importanza di riprendere la riflessione e l’educazione delle altre dimensioni della Vita.
Con il rischio di sbagliare, a me pare che, tra tutte, le due dimensioni che più necessitano di un’attenzione sono la Libertà e la Fede. Gli avvenimenti che stiamo vivendo in questi giorni mi pare ci testimonino dell’urgenza di tali attenzioni. Ciò che ancora non riusciamo a capire è che non basta riconoscere l’esistenza di queste due dimensioni della persona umana. Si tratta di conoscerle, di percepirne gli aspetti postivi, ma anche le deviazioni connesse, e far diventare tutto ciò patrimonio condiviso a livello sociale e politico.
Ovviamente non mi permetto di abusare della vostra pazienza, tematizzandole in questo ambito. Eventualmente potranno essere l’oggetto di future riflessioni.
Pe. Marco