Era il 27 maggio del 2020, ancora all’inizio di una giornata rivelatasi poi affannata, quando, in una di quelle brevi pause di passaggio tra un’attività e l’altra, intravedo il messaggio di una delle mie due sorelle: “Ma cosa è successo a Bose?”. Probabilmente questo interesse, rilanciato a noi fratelli, era legato al fatto che negli ultimi anni ho sempre fatto gli Esercizi Spirituali a Bose, non a caso quelli predicati da Enzo Bianchi. Ma proprio lui, il padre fondatore di questa originalissima esperienza monastica post conciliare, ebbene lui è oggetto di un intervento che, al di là dei dettagli giuridici, possiamo definire di origine pontificia. In altre parole, Papa Francesco, attraverso gli strumenti canonici da lui governati, interviene con la forza del suo potere e, contro la volontà dello stesso, rimuove il fondatore di Bose dalla sua stessa creatura, la Comunità di Bose.
A tutt’oggi, 29 maggio, le informazioni su ciò che è successo e le ragioni di questo intervento tanto drammatico sono a dir poco lacunose. Pertanto, queste mie riflessioni non vogliono in alcun modo segnare una presa di posizione sull’intera vicenda. Il mio sarà più un interrogarmi a voce alta, sempre più consapevole che il domandare è il cammino più sicuro per approssimarsi alla Verità. D’altro canto, dovendo offrire qualche spunto di riflessione in vista della solennità di Pentecoste, mi sarei sentito incoerente, se non mi fossi lasciato inquietare da questa strana, o provvidenziale, coincidenza.
E sì, perché chi ha avuto a che fare con quella realtà sa benissimo che, oltre ad un’originale interpretazione della vita monastica, Bose rappresenta un riferimento del cristianesimo universale nel campo dell’ecumenismo; ciò non solo per la sua grande produzione teologico-spirituale sull’argomento, ma soprattutto perché Bose nasce ed è ecumenica da sempre; infatti tra i primi tre compagni di Enzo c’era anche un pastore protestante.
Ritornando al binomio iniziale Festa di Pentecoste-Bose la prima domanda inquietante, che mi sovviene è: ma la Pentecoste, ovvero il dialogo comunicativo tra i diversi, è realmente possibile? Oppure è una delle solite belle utopie nel senso etimologico della parola, ovvero qualcosa che non ha spazio ne tempo, non ha luogo; quindi qualcosa di totalmente astratto e fuori dalla realtà, ovvero inutile?
Io non sono un conoscitore privilegiato di quell’esperienza, anzi. Dal punto di vista esperienziale posso solo vantare gli Esercizi fatti e qualche fugace chiacchierata con Enzo. Se proprio volessi andare sul personale, dovrei recriminargli, io per primo, di non aver ancora fatta una recensione al mio libro. E questo è il mio livello di conoscenza personale di quell’esperienza. Così come confesso di aver sempre constatato con un certo fastidio la sua partecipazione molto libera, nel senso di saltuaria, alle liturgie della Comunità; ciò anche quando lui era il superiore della stessa. Pur non essendo uno specialista di vita monastica, penso però che questa attitudine porti in sé qualche criticità, se teniamo presente cos’è la preghiera comunitaria per le realtà monastiche.
Detto ciò, la questione si fa inquietante, perché il delitto che gli viene imputato è quello di “aver abusato della sua autorità di fondatore”. Con tutto il beneficio d’inventario detto sopra, una punizione così severa, per questo tipo di mancanza, può aprire scenari terribili, perché, o l’abuso è molto chiaro e delimitato nei suo drammatici contorni, oppure… oppure qualsiasi autorità carismatica, quando è troppo profetica, potrebbe essere sacrificata sull’altare della dittatura delle maggioranza. Se ciò può essere normale nel contesto delle false democrazie occidentali, certamente non può essere un criterio ecclesiale. Viceversa, se valesse il criterio suddetto, la Croce di Cristo, se non fosse per il suo carattere cruento, sarebbe assolutamente legittima: Gesù è stato condannato dalla stragrande maggioranza dei suoi concittadini. Ma la Verità non è frutto di maggioranze più o meno fluttuanti. In ogni caso, questo, reale o presunto, “abuso d’autorità del fondatore”, come e quando si è verificato?
A scanso d’equivoci devo dire che, dai pochi contatti avuti con Enzo Bianchi, ho avuto la percezione inequivocabile della sua personalità forte e determinata. Se mi è concesso ancora un riferimento personale, ricordo ancora molto bene la forte determinazione, fin quasi alla violenza verbale, con la quale nel 2018 mi chiedeva di ritornare dall’Arcivescovo e “costringerlo” ad affrontare seriamente la mia situazione. Alla fine dovetti solo acconsentire alle sue richieste, pur sapendo in cuor mio che la cosa era impossibile, oltre che inutile.
Eppure, senza ombra di dubbio, mi chiedo se tutta quella ricchezza per la Chiesa, che noi indichiamo con la parola “Bose”, avrebbe mai visto la luce, senza il contagio di una personalità di questo tipo. Mi sovviene alla memoria un’esperienza casuale, ma emblematica, da me fatta in Brasile. Mentre mi presentavo ad un impresario per contrattare un servizio, ad un certo punto mi riconobbe come “quel prete di Alto Brasil, che fa di ogni vicenda una questione di vita, o di morte” e soggiunse “ma nella vita, se vuoi combinare qualcosa, devi essere così”. Capisco che, detta in questo modo, la frase può prestarsi a qualche ambiguità e andrebbe integrata con qualche precisazione più evangelica.
A me sembra importante citarla in questo frangente, per evidenziare il legame profondo che esiste tra il carattere ed il carisma. Infatti, penso sia abbastanza evidente, e probabilmente provvidenziale, che ad ogni carisma corrisponda un carattere compatibile e viceversa.
Così come mi sembra evidente che, dopo Gesù, nessun può essere miglior interprete di un carisma, se non chi lo ha incarnato, l’ha reso carne, dentro uno spazio ed un tempo, dentro la Storia. Pertanto, salvo gravi atti di violenza, o torbide perversioni sessuali, che pare non siano il caso di Bose, mi è difficile capire chi meglio di un fondatore possa essere l’interprete autentico del carisma da lui inaugurato.
Forse, però, un flebile segnale potrebbe dissolvere gran parte di tutto questo nostro indagare. Infatti, sembrerebbe che gran parte dei problemi siano esplosi con il passaggio di consegne tra il fondatore, Enzo Bianchi, ed il nuovo abate, Luciano Manicardi. Sintetizzando molto per non dilungarmi eccessivamente, sembrerebbe che, finché Enzo ha detenuto il potere, la sua interpretazione del carisma di Bose era valida ed indiscutibile; quando ha perso il potere, ecco allora che lui è divenuto un problema.
Se così fosse, allora risulterebbe che, anche nella Chiesa oltre che nella società, l’Autorità è la fonte, l’origine della Verità, anziché essere l’Autorità a servizio della Verità. In questo caso, se la verità del carisma di Bose è intrinsecamente legato alla persona di Enzo Bianchi, finché lui non impazzisce, o muore, penso sia difficile chiedergli un’interpretazione diversa da quella che lui è venuto maturando in questi 55 anni di vita fraterna. Appellarsi alla probabile opinione della maggioranza è molto rischioso, se vogliamo tenere come criterio di riferimento il Vangelo. Così come nessuno penso abbia il diritto di indurre al cambiamento un fondatore, dopo aver liberamente aderito al carisma da lui inaugurato; neanche il responsabile suo successore, che ha liberamente accettato questo incarico, ben conscio di dover convivere con… il fondatore.
Per il momento mi fermo qui, in attesa di nuovi, ulteriori sviluppi della vicenda. Fin d’ora, soprattutto domenica nella Messa della Pentecoste, potrò solo pregare, perché la Chiesa non continui ad uccidere i suoi profeti…
Pe. Marco