Prima di ogni altro approfondimento, non possiamo, di fronte a questa Parola d’inizio Quaresima, non soffermarci sull’accorato appello alla conversione che la anima. E vorrei soffermarmi proprio tenendo presente, come un pendant, l’irrilevanza del tema per gran parte della nostra cultura-ambiente e, ahimè, anche per la coscienza religiosa oggi prevalente in Italia. Certamente, come sarebbe bene fare di fronte ad ogni fenomeno così vistoso, sarebbe opportuno, anzi necessario, rileggere la situazione attuale quale reazione esasperata ad una prospettiva penitenziale del passato altrettanto, o forse più, esasperata. Benché gli ultimi testimoni se ne stiano andando, basta interrogare qualche anziano, sia laico che religioso, per farsi un’idea dell’assurdità di tante forme penitenziali ancora vive fino agli anni ’60 del secolo scorso. Ovviamente questo giudizio, che a qualcuno può apparire drastico, non ha niente a che vedere con la buona fede di gran parte del Popolo di Dio dell’epoca, che vi si sottoponeva di buon grado e, certamente, acquisì una santità più forte della nostra attuale.
Il limite radicale di quella prospettiva, ahimè ancora soggiacente anche al linguaggio penitenziale contemporaneo, era che la penitenza, qualsiasi cosa fosse, era intesa come atto sacrificale da offrire a Dio, perché in qualche modo ci perdonasse e placasse la sua ira di fronte ai nostri peccati.
Senza soffermarmi sul senso biblico della conversione, vorrei provare a mettere a fuoco fugacemente la nostra percezione attuale del tema.
E la situazione, a me pare, oltre a risentire dei soliti innumerevoli fattori della post modernità, è marcata, da un lato da tutto l’immaginario pubblico, sociale, che cerca di esaltare fino all’esasperazione il mito dell’uomo/donna belli, giovani, vincenti; in altre parole un umano di fatto inesistente, eppure un modello che regola tutto il nostro agire ed interagire nella società. Dall’altro l’insostenibile forza della coscienza e dell’interiorità, quando siamo soli con noi stessi, che ci “butta in faccia” tutta la nostra precarietà, fragilità, peccaminosità. Questa schizofrenia, non troppo latente, a me pare che ottenga il risultato di generare nella maggior parte di noi un senso profonda rassegnazione nei riguardi della peccaminosità, nostra ed altrui, con il conseguente risultato di ritenere irrilevante, inutile qualsiasi sforzo di conversione.
A mo’ di esempio, forse non del tutto chiaro per tutti, mi piace qui riprendere in chiave contemporanea l’esempio paolino dell’atleta impegnato nei suoi esercizi atletici. Mentre riflettevo su questa Parola di oggi, costatavo la scissione abissale, oggigiorno esistente, tra la determinazione fino al fanatismo, con la quale persone normalissime si sottopongono ad allenamenti ed esercizi fisici quotidiani. L’esempio più clamoroso mi pare sia quello di qualsiasi atleta del nuoto, che passa diverse ore quotidiane immerso… nell’acqua. Contemporaneamente questi atleti, o pseudo tali, ma anche noi tutti con le nostre manie e dipendenze, quanta attenzione dedicheremo a convertire la nostra libertà, perché possa meglio dedicarsi al Bene, alla Giustizia, al Perdono, alla Comunione fraterna e via dicendo?
Passando ora con un volo pindarico al grandissimo quadro delle Tentazioni, vorrei richiamare, a me ed a voi con delle rapide “pennellate”, la ricaduta per noi oggi di questo brano perennemente attuale.
E tenterò di fare questo esercizio non prima di essermi soffermato, per l’ennesima volta, su questo drammatico versetto: “Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo”. Fermo restando che la tentazione non può essere assolutamente confusa con il castigo, cosa significa e perché lo Spirito del Padre mette Gesù nella tentazione? Ad ognuno di noi il compito dell’ardua risposta.
Venendo alla prima tentazione, nel suo insieme mi pare che ci dica inesorabilmente, che la grande tentazione sta nell’illusione di ridurre la nostra “fame umana” ad un bisogno semplicemente di pane, ovvero di beni materiali. Con l’ancor più tragica illusione che, aumentando i beni materiali, sazieremo la “fame dell’umanità”.
La seconda tentazione mi pare sia tornata improvvisamente di moda con l’aumento esponenziale dell’irresponsabilità generale di fronte alla Vita ed alle sue Leggi inesorabili. La nostra tragica situazione è che, mentre le scoperte scientifiche ci buttano in faccia l’impatto delle nostre scelte quotidiane sulla vita del Pianeta Terra, contemporaneamente abbassiamo la soglia della nostra responsabilità e del nostro agire virtuoso. Simbolicamente mi pare che il famoso detto “Tanto qualche santo ci penserà” sia diventato la filosofia di vita oggi dominante. Ma oggi Gesù ci sta dicendo che il Padre non sembra disposto ad avvallarla.
Infine, la terza intramontabile tentazione, che non riguarda semplicemente il potere politico, è la tentazione di poter trasformare il mondo attraverso il potere, più o meno legittimo. Solo avendo in mano le leve del potere, si può cambiare il mondo, pensa l’uomo senza Cristo. Il gran rifiuto di Gesù sancisce definitivamente il carattere illusorio di questa prospettiva. Contemporaneamente la Sua dedizione incondizionata, fino alla Croce, al Bene ed alla Giustizia ci dicono che questa è l’area di “nostra competenza”, se vogliamo contribuire a migliorare la vita sulla Terra.
E allora… buona conversione per tutti noi!
Pe. Marco