Le letture di questa domenica vogliono farci riflettere su di un tema non molto trattato dalla nostra predicazione a causa di una certa sua complessità, eppure decisivo per la nostra pastorale e per le nuove prospettive missionarie. Il tema è quello della preesistenza del Verbo incarnato e della predestinazione in Cristo di tutto il reale.
Lungi da me sviscerare questa nozione dal punto di vista filosofico e teologico. Mi permetto semplicemente di sottolineare che tutto il reale è stato creato dal Padre obbedendo ad un progetto ben preciso, che ha come fine l’accoglienza dell’uomo nel Creato; ma non un uomo genericamente inteso, bensì l’uomo-Gesù, ovvero l’umanità che vive come Gesù.
Qui si fonda l’ammonimento antico: vivi come Gesù, fai quello che Gesù farebbe in ogni circostanza. Forse ai più questa affermazione può risultare strana per la sua ovvietà e la sua banalità: infatti fin da piccoli ci hanno insegnato a guardare a Gesù, per tentare di imitarlo almeno un poco. In realtà questo ammonimento, pedagogicamente fondamentale, in realtà si fonda su premesse importantissime e porta con sé conseguenze ancor più pesanti. Infatti, questa avvertenza come tutte la indicazioni autenticamente morali, non nasce dall’arbitrio di un predicatore, o da un imposizione anonima di qualche Papa. In realtà, se da un lato tutto il creato tende a creare quelle condizioni delicatissime che permettono il fiorire della vita umana, è altrettanto vero che l’essere umano può vivere su questo pianeta che è la Terra, se ne rispetta i fragili equilibri e le sapienti armonie; ovvero se rispetta le armonie e le leggi, che il Creatore ha posto in essa creandola.
Gesù, che è l’Incarnazione di quel Verbo, di quel progetto originario del Padre, ci rivela che tipo di vita umana riesce a vivere in armonia con il Creato. Ecco allora che l’antico adagio: fai quello che farebbe Gesù, nella sua disarmante semplicità indica a tutti gli esseri umani di tutte le epoche il cammino, per vivere in armonia con il progetto di Dio sulla Creazione.
A questo riguardo vorrei far notare il legame profondo che c’è tra il tema della predestinazione in Cristo e la stupenda Enciclica di Papa Francesco “Laudato sii!”. Ovviamente l’Enciclica, per parlare a tutti gli uomini di buona volontà e non soltanto ai cattolici, usa un linguaggio prevalentemente laico; ma il suo impianto generale si articola dentro questa prospettiva di fondo. In particolare il concetto di “ecologia umana integrale” evidenzia chiarissimamente come la questione ecologica non possa essere vista e trattata come una mera questione chimica, fisica o biologica. In realtà i dissesti ed i disequilibri, fisici e biologici, hanno sempre delle ripercussioni umane e sociali, soprattutto sui più poveri ed emarginati. Così come le ingiustizie sociali ed i disequilibri economici favoriscono le devastazioni ambientali da parete di chi, per sopravvivere, deve sfruttare le risorse naturali.
Questo secondo aspetto forse ci è meno chiaro, stando qui nella nostra realtà già ampiamente sfruttata in tutte le sue risorse originarie. Ma chi è stato in qualche realtà del Sud del mondo avrà potuto costatare con i suoi occhi come, molto spesso, sono le fasce sociali più povere quelle costrette a fare il lavoro sporco della deforestazione incontrollata, o dello sfruttamento irresponsabile del suolo. Ciò molto spesso non per cattiva coscienza, bensì per necessità di sopravvivenza, per sé e per la propria famiglia.
D’altro canto, l’altra faccia di questa medaglia è il nostro abuso di risorse, dovuto ad uno stile di vita consumistico, universalmente riconosciuto come incompatibile con le possibilità e le armonie del pianeta Terra. Senza dilungarci su questo tema fin troppo noto, quanto disatteso, voglio solo ricordare un dato ormai assodato. Se pensassimo di estendere agli attuali sette e più miliardi di essere umani i nostri standard di vita, servirebbero tre pianeti come la Terra per avere materie prime sufficienti per mantenere questi livelli di benessere. Viceversa le attuali risorse alimentari e le attuali conoscenze tecnologiche potrebbero permettere di vivere dignitosamente sulla Terra a più di nove miliardi di persone. In altre parole noi non abbiamo un problema di scarsità di risorse, bensì di un pessimo sfruttamento ed una ancor peggio distribuzione delle stesse.
Pur senza cadere nel vittimismo autolesionista, lo stesso Papa Francesco nella “Laudato sii” ci dice categoricamente: “217. Se «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti. Manca loro dunque una conversione ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana.
218. Ricordiamo il modello di san Francesco d’Assisi, per proporre una sana relazione col creato come una dimensione della conversione integrale della persona.”
Se ci aiutassimo di più a capire il senso profondo di quel “Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui.”, forse lo pregheremmo meno per risolvere i problemi da noi creati e più per convertirci a vivere come Lui.
Pe. Marco