Per la riflessione di questa domenica vorrei partire dalla prima lettura tratta dal profeta Osea, conosciuto anche come “il profeta della tenerezza di Dio”; soprattutto a causa del suo cap. 11° tutto costruito attorno al tema della tenerezza del Signore nei riguardi di Israele. Ma anche i primi tre capitoli, che rileggono la Misericordia del Signore alla luce della sua vicenda matrimoniale, rendono il linguaggio di questo profeta molto singolare e originale rispetto alla maggioranza dei profeti.
I versetti, che ci vengono proposti dalla prima lettura, pur rimanendo dentro questo alveo, sottolineano un pericolo, certamente più diffuso oggi, che non ai tempi del profeta, ovvero il rischio della “banalizzazione della Misericordia”.
Questo tema ha diverse analogie con quella che D. Bonhoeffer chiamava “grazia a buon prezzo”. La banalizzazione della Misericordia non è la stessa cosa della mancanza di senso del peccato, tutt’altro. La consapevolezza di ciò che è peccato è ben chiara, così come anche dei nostri peccati personali. Ma a tutto ciò viene correlata/associata la Misericordia divina, come qualcosa di giustapposto e parallelo, che entra in funzione automaticamente, all’atto di peccare, e cancella tutto in automatico. “Dopo due giorni ci ridarà la vita ed il terzo ci farà rialzare” ci dice Osea.
Permettetemi di arricchire queste prime collocazioni con queste intramontabili parole scritte da Bonhoeffer nel lontano 1937, ma assolutamente attuali: “La grazia a buon prezzo è il nemico mortale della nostra Chiesa. Noi oggi lottiamo per la grazia a caro prezzo.
Grazia a buon prezzo è grazia considerata materiale da scarto, perdono sprecato, consolazione sprecata, sacramento sprecato; grazia considerata magazzino inesauribile della Chiesa, da cui si dispensano i beni a piene mani, a cuor leggero, senza limiti; grazia senza prezzo, senza spese. L’essenza della grazia, così si dice, è appunto questo, che il conto è stato pagato in anticipo, per tutti i tempi. E così, se il conto è stato saldato, si può avere tutto gratis. Le spese sostenute sono infinitamente grandi, immensa è quindi anche la possibilità di uso e di spreco. Che senso avrebbe una grazia che non fosse grazia a buon prezzo?”.
È esattamente per sfuggire a questo pericolo, che il brano di Osea termina con due versetti abbastanza enigmatici, se estrapolati da tutta questa preoccupazione di cui sopra; infatti in questo caso i sacrifici e gli olocausti, nel quadro della religiosità ebraica, potevano giocare lo stesso ruolo della grazia a buon prezzo, di cui parla Bonhoeffer, ovvero cancellare i peccati in automatico, senza innescare il men che minimo processo di conversione, di cambiamento, di adesione più profonda alla prassi di Gesù.
Il Vangelo, invece, tratta questo tema della banalizzazione della Misericordia da un punto di vista complementare. Infatti, la Comunità di S. Luca riporta questa vicenda della vita di Gesù, giustamente per rispondere alle obiezioni di alcuni membri di origine giudaica, che sollevavano dubbi e perplessità circa l’accesso al Corpo di Cristo, la Chiesa, da parte di pagani impuri dal punto di vista delle norme giudaiche.
Ecco allora la vicenda di questa peccatrice, non necessariamente una prostituta, che ci aiuta a contemplare la bellezza e la forza della Misericordia del Padre. In realtà il testo a noi pare piuttosto oscuro ed enigmatico, a causa della difficoltà nel tradurre il v.47. Stando alle suggestioni degli esegeti, la prima parte del versetto risuonerebbe letteralmente così: “Poiché ha compiuto simili atti di amore per me, è ovvio che i suoi molti peccati le sono stati perdonati”; in altre parole i suoi gesti d’affetto non provocano il perdono di Gesù, bensì sono l’effetto, la conseguenza, di un perdono ricevuto precedentemente e che la porterebbe “a sdebitarsi” in questo modo esagerato.
Al di là delle questioni esegetiche e linguistiche, se ripensiamo alla storia dei grandi convertiti, sempre notiamo nella loro nuova vita qualche forma d’eccesso, d’esagerazione. Ma quelli che potrebbero apparire degli eccessi e delle esagerazioni a noi, cristiani per bene e forse troppo imborghesiti, in realtà sono la risposta più autentica alla Misericordia del Padre. Ad un amore trasbordante e ingiustificabile razionalmente, possiamo rispondere “eccedendo” nella nostra risposta a Lui.
Non che la nostra risposta possa ripagare in qualche modo il Signore Gesù. Però nella misura in cui ci mettiamo in gioco totalmente, siamo mossi da una passione umanamente esagerata per il Signore, questa diventa segno tangibile del dono che abbiamo ricevuto e che ci ha cambiato la vita. “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me.” Ci ha detto S. Paolo. Non si tratta di diventare perfetti, o impeccabili; bensì semplicemente testimoni di un Amore, altrimenti inspiegabile.
Pe. Marcos