Ci sono ancora gli atei?
A margine di Dt 6,4-12; Gal 5,1-14; Mt 22,34-40
Le letture di questa domenica ci obbligano a confrontarci con il Comandamento principe, dal quale, come specifica Gesù, dipendono tutti gli altri Comandamenti.
Purtroppo, osservando le molte “schizofrenie religiose”, che ci circondano, credo sia opportuno ribadire, che lo sdoppiamento del Comandamento non giustifica minimamente una possibile “scissione” dei due momenti, quasi che la prima parte possa essere considerata come più importante e necessaria della seconda. In realtà, come ben appare da tutto il contesto, Gesù, innanzitutto, si preoccupa di rispondere alla provocazione dei farisei, che, come qualcuno vuol fare con il Papa, volevano verificare l’ortodossia di Gesù, ovvero se conosceva la Torah, la Legge, che regola e orienta tutta la religiosità dell’Antico Testamento. E per chi conosce la determinazione mediorientale, con la quale viene affermata l’assolutezza divina, questa formulazione linguistica è assolutamente normale: in nessun modo può essere intaccato il primato di Dio.
D’altro canto, legando così fortemente l’amore al prossimo con l’amore a Dio, Gesù lo sottrae a tutte le nostre possibili “manipolazioni ideologiche”, con le quali cerchiamo continuamente di svuotarne la portata rivoluzionaria e le ricadute etiche. Quindi la vera domanda che dobbiamo porci è: perché Gesù ci propone questo come il primo, anzi, forse è meglio dire, come il Comandamento Zero, nel senso che è il Comandamento fondamentale, la base, su cui si fondano e si strutturano tutti gli altri?
Probabilmente, per rispondere a questa domanda, dobbiamo riandare all’insieme della vita di Gesù, che, certamente, è la migliore spiegazione di questa scelta.
Così possiamo costatare che Gesù sfugge intenzionalmente da discorsi, o riflessioni, sul quel Mistero, che chiamiamo Dio. Già la scelta di non usare il termine generico Dio, o Signore, bensì il termine Padre, o peggio ancora Papà, segna una svolta radicale nel nostro rapporto con il Creatore.
Ma la svolta più radicale è legata al fatto, che Gesù sempre associa qualsiasi discorso sul Padre a qualche vicenda umana. In particolare, le due parabole, che segnano in modo decisivo il “discorso” di Gesù sul Padre, sono quelle del “Padre buono e i suoi due figli” e quella del “Buon Samaritano”. In questo senso oserei dire che Gesù “non riesce a parlare” del Padre e della Sua carità amorosa, se non attraverso l’amorosa carità degli uomini.
A questo livello, forse, appare chiaro il senso del Comandamento Zero. Gesù mi pare voglia dirci che, se da un lato il Padre merita la consegna a Lui di tutto il nostro essere: mente, anima e corpo, dall’altro la verifica dell’autenticità di tale amore al Padre è quanto amiamo il nostro fratello, ogni nostro fratello, che Lui ci mette vicino, ce lo rende “prossimo”. Allora, se crediamo realmente che la Provvidenza regge il mondo e non il caos, possiamo persino spingerci nel dire che il prossimo, ogni e qualsivoglia prossimo, non ci capita accanto e dobbiamo magari sopportarlo, nostro malgrado. Quel prossimo, quel fratello, che oggi ho incontrato, apparentemente per caso, del quale non conosco il nome e, forse, non rincontrerò mai più, ebbene, anche lui mi è stato messo accanto dall’amore del Padre, perché a me, a Suo tempo, quando ancora il Tempo non esisteva, aveva dato dei talenti e delle capacità per amarlo. Così il misterioso intreccio, che compone la realtà, il mondo, l’universo, potrà stare insieme, funzionerà bene, nella misura in cui ciascuno di noi amerà il “suo” prossimo, ovvero esattamente quello lì, che il Padre gli ha messo accanto oggi.
Ma noi sappiamo che ciò difficilmente succede; anche i più santi tra di noi hanno qualche falla a questo riguardo. E allora, cosa succede? E qui sta il punto “dolens”. Infatti, con la raffinatezza di cui siamo capaci, separiamo abilmente questi peccati, definendoli “peccati contro il prossimo”, e difficilmente li confessiamo come “peccati contro il Padre”. Ma, se è vero quanto siam venuti fin qui dicendo, dovrebbe essere chiaro, che questa separazione non sussiste e, ancora una volta, Gesù “squarcia i Cieli”, per metterci a tu per tu con il Padre. Purtroppo, come spesso succede in questi casi, questa scandalosa vicinanza ci scomoda, ci è insopportabile, cerchiamo in tutti i modi di riprenderne le distanze.
Ma coloro che fuggono da Dio, chi rifiutano Dio, non li chiamavamo atei? Ma allora abbiamo atei, molti atei, anche seduti sui banchi delle nostre Chiese e nelle file dei Battesimi e dell’Eucaristia? Purtroppo pare proprio di sì.
Forse è anche per questo motivo, che pare sia diventata una moda, per qualche laico “illuminato”, Vescovi e Cardinali, preoccuparsi tanto nel voler correggere questo Papa troppo evangelico.
d. Marco